Wilma Montesi, scandalo dietro la morte di una ragazza

11 aprile 1953. Sulla spiaggia di Torvaianica viene rinvenuto il corpo esanime di una ragazza. Scoppia il caso Wilma Montesi, il primo scandalo dell’Italia repubblicana.

È la mattina dell’11 aprile 1953. Sulla spiaggia di Torvaianica, litorale laziale, viene ritrovato il cadavere di una ragazza. La giovane si chiama Wilma Montesi e la sua morte farà scoppiare il primo scandalo dell’Italia repubblicana.

Nel 1953 l’11 aprile corrisponde con la vigilia di Pasqua, è un sabato. Sono le 7.20 del mattino e un giovane muratore si trova sulla spiaggia laziale di Torvaianica, località Zingarini. Attende gli altri lavoratori e intanto dà un morso a un panino. D’un tratto una massa scura sul bagnasciuga attira la sua attenzione. L’uomo si avvicina, pensando si tratti di un cumulo di vestiti. Non è così: è un corpo, è il cadavere di una giovane ragazza.

Le indagini partono subito e l’identità della donna è presto accertata. Il suo nome era Wilma Montesi, anni ventuno e residente a Roma, in via Tagliamento, 76, quartiere Trieste. Era una ragazza bella Wilma, florida, moderna, solare e con pochi grilli per la testa. Ha due fratelli e un fidanzato, agente di polizia a Potenza, con cui avrebbe dovuto sposarsi a dicembre per poi andarci a vivere insieme.

scandalo Wilma Montesi

La ragazza, dicono i famigliari, è scomparsa da casa nel pomeriggio del 9 aprile, due giorni prima il suo ritrovamento sulla spiaggia di Torvaianica. Come è arrivata fin lì?

Intanto c’è da dire che il corpo di Wilma Montesi viene ritrovato a faccia in giù, coperto da un giaccone scuro abbottonato al collo, come una mantellina. Wilma ha però le gambe nude, senza calze né scarpe. Al corpo manca anche il reggicalze, una grossa fascia di raso nero, con ben sei ganci: non proprio l’indumento più facile da togliere e rindossare.

Wanda, la sorella della vittima, dice che Wilma soffrisse di un eczema al tallone e, nonostante il cielo plumbeo, avesse deciso di recarsi sulla spiaggia di Ostia per un pediluvio.

La tesi pare trovare conferma grazie a molteplici testimonianze: una ragazza che sostiene di aver incontrato la sventurata su un treno diretto a Ostia proprio il pomeriggio del 9 aprile; un paio di studenti che affermano di aver veduto una ragazza simile alla foto di Wilma, insieme ad altre due, in un locale sul lido di Ostia; e soprattutto una tabaccaia che asserisce di aver venduto alla giovane una cartolina e che questa le avesse affidato la spedizione, a Potenza, dal fidanzato.

Che Wilma Montesi sia stata a Ostia è chiaro, ma come è arrivata a Torvaianica? Come è possibile che il suo corpo sia stato ritrovato lì? Una aggressione? Non sembra: dall’autopsia il corpo della giovane non presenta lesioni ed emerge, oltretutto, la sua illibatezza.

Le indagini dunque sono indirizzate verso due strade: quella del suicidio e quella del malore improvviso. Ma perché avrebbe dovuto togliersi la vita una ragazza così gioviale, senza apparenti problemi, ormai prossima alle nozze? Prende perciò corpo la tesi del malore: la giovane passeggiava sulla risacca, improvvisamente si sentiva male, sveniva e piano piano annegava in quello spicchio d’acqua. Difficile; possibile ma difficile.

È così che giovedì 16 aprile la stampa pubblica un trafiletto in cui si afferma che sono state chiarite le cause della morte della ragazza trovata sulla spiaggia di Torvaianica. La morte è avvenuta per “asfissia da annegamento, dopo essere caduta in mare, colta da improvviso malore”. Il malore sarebbe dovuto a causa di un “critico periodo fisiologico” unito a un pranzo consumato poco prima la tragica passeggiata in riva al mare di Ostia cui si era recata nonostante il clima ostile. Poi le onde del mare avrebbero raccolto il corpo per restituirlo a 20 chilometri di distanza, dopo circa 24 ore, a Torvaianica.

scandalo Wilma Montesi
Foto corriere.it

L’evento scompare dalle pagine dei giornali e a dicembre arriva l’archiviazione. La ventunenne romana Wilma Montesi è morta per un malore causato da un pediluvio.

Alcune testate però non abbandonano il caso. Troppe cose non tornano: gli orari dei testimoni di Ostia che non coincidono con quelli dei testimoni del quartiere Trieste, la particolarissima attività del mare che trasportando per ore il corpo della giovane però ne preserva lo smalto dei piedi, trovato pressoché intatto. Qualcosa non va.

Sul giornale napoletano “Roma” appare così un articolo in cui si parla dell’avvistamento di Wilma Montesi a Torvaianica, una decina di giorni prima della tragica morte, in compagnia del figlio di una nota personalità italiana. La rivista satirica “Il becco giallo” dà corpo alla notizia pubblicando una ambigua vignetta con un piccione con al becco un reggicalze nero, proprio come quello che mancava al corpo della ragazza.

La bomba è innescata e scoppia definitivamente con il giornalista Silvano Muto che nelle colonne del suo giornale “Attualità” scrive un articolo dal titolo La verità sulla morte di Wilma Montesi. Afferma senza mezzi termini che l’indagine sia stata condotta per proteggere qualcuno, una nota personalità che organizza festini a base di sesso, droga e alcol in una tenuta di Capocotta, nei pressi della spiaggia di Torvaianica, frequentata dalla Montesi. La giovane si sarebbe sentita male durante una di queste lascive bicchierate, alcuni noti figuri l’avrebbero creduta morta e perciò avrebbero deciso di abbandonarne il corpo sul vicino litorale.

Silvano Muto si becca una denuncia per dichiarazioni false, ma il processo in cui è imputato riapre la discussione sul caso Montesi. A questo punto entra in scena un’altra giovane: il suo nome è Anna Maria Moneta Caglio, un’aspirante donna di spettacolo che conferma le parole di Muto dicendo di aver conosciuto Wilma a una festa organizzata proprio in una tenuta di Capocotta gestita da un suo amico, il marchese Ugo Montagna, uomo con importanti amicizie in politica e polizia. Tra i più assidui frequentatori di queste feste libidinose ci sarebbe anche Piero Piccioni, viveur romano, musicista, fidanzato con l’attrice Alida Valli, ma soprattutto, figlio di Attilio Piccioni, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, uomo di punta della Democrazia Cristiana.

Piero Piccioni Wilma Montesi

Nella primavera del 1954 si riapre il caso legato alla misteriosa morte della ragazza – oramai chiamato dalla stampa l’affare Montesi – e comincia a prendere corpo la tesi esposta da Muto e rafforzata dalla Moneta Caglio. Perciò, nel settembre dello stesso anno giungono gli arresti di Piero Piccioni e Ugo Montagna e viene inviato un mandato di comparizione anche a Saverio Polito, ex questore di Roma, per aver depistato le indagini del ’53.

Il processo Montesi si sposta a Venezia e ritorna sulle prime pagine di tutti i quotidiani. Dopo aver fatto parlare per mesi politici e cittadini, però, il caso inizia a sgonfiarsi finché nel maggio del 1957 gli imputati Piccioni, Montagna e Polito vengono assolti da ogni accusa: non ci sono prove che abbiano effettivamente collaborato alla morte della giovane.

Wilma Montesi Foto Antonio Pagliuso
Foto Antonio Pagliuso

Il caso sulla morte di Wilma Montesi rimane così irrisolto. La ragazza riposa nel cimitero romano del Verano. È inumata con l’abito bianco che avrebbe dovuto indossare al matrimonio.

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