Tra due settimane le istituzioni dell’Unione Europea dovranno presentare ai governi degli Stati membri il piano economico per contrastare gli effetti economici negativi dovuti alla pandemia. Nelle ultime settimane buona parte degli Stati nel mondo ha adottato misure di contenimento per arginare la diffusione del Coronavirus. Anche Gran Bretagna e Stati Uniti stanno fronteggiando seriamente la crisi sanitaria sebbene l’orientamento iniziale fosse ben diverso. In India si sta assistendo ad un drammatico esodo dalle città alle campagne che potrebbe rivelarsi un disastro in termini di contenimento del contagio.
L’Unione Europea è ferma al Consiglio dei Capi di Stato e di Governo che si è tenuto lo scorso giovedì in un clima acceso per la contrapposizione tra i paesi mediterranei (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) maggiormente colpiti dall’emergenza Covid e i paesi del nord (Germania, Olanda, Austria e Finlandia) ovvero i cosiddetti rigoristi. Alla fine del Consiglio europeo il Presidente Conte ha dichiarato: «Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno». La trattativa in seno alle istituzioni europee verte sui meccanismi da attivare per arginare gli effetti negativi della sospensione delle attività produttive in buona parte del Vecchio Continente, ma soprattutto per gestire la fase di ripresa che dovrà essere massiccia se si vuole ripartire seriamente.
La Banca Centrale Europea, dopo i primi tentennamenti della Presidente Christine Lagarde, ha messo in campo un piano di acquisti dei titoli degli stati membri pari a 750 miliardi di euro, il cosiddetto Quantitative Easing, ciò per aumentare la moneta circolante e garantire liquidità. La BCE ha però ricordato che la politica monetaria da sola non basta per fronteggiare la crisi economica: serve una politica economica coraggiosa.
Da qui le diverse proposte. I paesi del nord propongono il ricorso al MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità che ammonta a circa 410 miliardi di euro disponibili per i paesi in difficoltà; tale meccanismo è però condizionato all’adozione di politiche di ristrutturazione dei debiti nazionali dei paesi che ne fanno ricorso cioè la famigerata austerità. Il ricorso a questo meccanismo, quindi, potrebbe rendere complessa la ripresa dopo l’emergenza. I paesi mediterranei invece propongono l’attivazione degli Eurobond, oppure di titoli legati all’emergenza attuale, i cosiddetti European Recovery Bond, ovvero l’emissione di titoli di stato garantiti dall’Unione Europea che assicurano la necessaria liquidità anche nella fase di ripartenza, che sarà comunque difficile. Nelle ultime ore in Germania, ove la CDU (il partito della cancelliera Merkel) è totalmente contraria all’emissione di titoli di debito garantiti dall’UE, si sta pensando di proporre il ricorso al MES, senza però imporre le clausole di condizionalità.
Ciò che ormai è più che noto è che le risorse perché la crisi economica non sia ulteriormente devastante sono molte e servono misure economiche nuove: è necessario spendere, come ricordava sul Financial Times l’ex presidente della BCE Mario Draghi. Tale appello è stato rivolto a tutti i paesi europei perché una risposta non adeguata alla crisi potrebbe rappresentare la fine della casa comune europea. Significativa è stata la battuta del prof. Prodi durante la trasmissione “Che tempo che fa”, a tratti anche polemica nei confronti dell’Olanda che ha assunto una posizione oltranzista nei confronti degli altri Stati membri in maggiore difficoltà: «Ma gli olandesi, se succede la grande crisi» ha detto «a chi li venderanno i tulipani?». Sarebbe utile ricordare all’Olanda il poco spirito di solidarietà con gli altri paesi membri visto che negli ultimi anni è diventato un paradiso fiscale a danno degli altri Stati.
C’è da sottolineare anche che le istituzioni di Bruxelles non viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. Il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, coinvolto nelle trattative, ha espresso il suo rammarico per la posizione della Presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula Von Der Leyen (ex Ministro della Difesa della Merkel) la quale, in un primo momento, aveva aperto alla possibilità di adottare dei titoli di debito garantiti dall’UE, salvo poi fare marcia indietro dichiarandoli uno strumento propagandistico.
Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato che servono strumenti nuovi per la gestione di questa crisi e che, quindi, vanno prese “decisioni indispensabili nei prossimi giorni”. Il Presidente della Repubblica era intervenuto precedentemente, in risposta alla gaffe della presidente della BCE, quando aveva affermato, nel consueto tono quirinalizio, che all’Italia serviva solidarietà e non azioni che ostacolino la gestione della crisi, sortendo un netto cambio di passo.
Insomma, tra due settimane massimo l’Europa dovrà far sapere se vuole vivere e in che modo o se preferisce morire, poiché questa cambierà il volto delle istituzioni politiche e sociali a tutti i livelli, in quanto i nodi sono arrivati tutti al pettine mostrando pregi e difetti delle organizzazioni locali, nazionali ed europee. Se l’Europa vorrà uscirne rafforzata da questa crisi è necessario aumentare il livello di integrazione, anche a tematiche quali la sanità: infatti in un’intervista sul quotidiano La Repubblica, la commissaria europea alla Sanità, Stella Kyriakides, ha lamentato la poca coordinazione degli stati membri causando non pochi disagi ed errori di gestione. È forse il caso che, laddove l’Europa sopravviva, si cedano maggiori poteri all’Europa visto che le infezioni con il quale si avrà frequentemente a che fare, colpiranno nella migliore delle ipotesi interi continenti?
È proprio il caso di dire che su questa nave, nei prossimi anni, volenti o nolenti dobbiamo starci proprio tutti.