Un reportage dal “COFFI CortOglobo Film Festival 2019”

Un’esperienza personale

Il sottoscritto ha avuto l’onore di partecipare alla XIV edizione del COFFI CortOglobo Film Festival Italia, che si è tenuta dal sei all’otto dicembre 2019 nella splendida cittadina di Vietri sul Mare, nei pressi di Amalfi, in provincia di Salerno. In particolare al bando per le troupe, consistente nella possibilità di girare in pochi giorni un cortometraggio direttamente nella località di Vietri sul Mare, concorrendo in una sezione a parte insieme alle altre troupe aderenti a questo bando.

Probabilmente dovrei dare qualche informazione di servizio in più, ma per chi fosse interessato rimando alla pagina internet del Festival. In questa sede, infatti, vorrei parlare più dell’esperienza in sé che degli aspetti tecnici.

Ringraziamenti

Posso dirvi che sono tornato a casa con un bagaglio emotivo e conoscitivo ben più ricco di quando sono partito. Desidero innanzitutto ringraziare i membri della mia crew, ovvero i 4 e mezzo, senza i quali questa esperienza non sarebbe mai stata possibile, e l’Accademia d’Arte Drammatica del Lazio diretta da Fabio d’Avino dove essi si sono formati: Giovanni Scalingi (vero artefice della regia, co-firmata da me, e protagonista del corto), Leonardo Caione (che si è occupato delle riprese e del montaggio), Enzo Carnevale (prezioso collaboratore) e last but not least Loreta Carnevale (truccatrice, fotografa di scena e splendida attrice, nonché autrice di un romanzo).

Ma non è solo la mia troupe che dovrei ringraziare. Gli abitanti di Vietri si sono dimostrati dotati di un calore e di una simpatia davvero straordinari. A partire dai membri dello staff organizzativo, dei ragazzi giovani eppure capaci di dar vita ad un festival che – per i servizi forniti, la qualità dell’offerta artistica, le personalità presenti – non definirei certo secondario nel panorama italiano, anzi.

E come dimenticare poi il personale del mitico Kaktùs Cafè: un delizioso chiosco situato proprio di fronte alla spiaggia, gestito da un ragazzo di una simpatia unica, che ci ha fornito un grande supporto per la location di alcune scene, e ci ha sfamato donandoci bombe e cornetti. Grazie Alberto! Ottimo è stato poi anche il rapporto con le altre troupe: tutte composte da ragazzi simpatici e competenti (sicuramente più competenti di noi che eravamo alla prima esperienza) e con cui mi auguro di avere occasioni di collaborazioni future.

Un apprendistato

Per farla breve, il Coffi non è stata per me solo l’occasione di una vacanza sulla Costiera Amalfitana, come magari io stesso pensavo all’inizio. È stato un vero e proprio apprendistato, in cui ho imparato cose che – ahimè – gli esami universitari non vogliono o non possono insegnarti, ho intrecciato relazioni lavorative e ampliato i miei orizzonti. A tutti i ragazzi che seguono questa pagina consiglio vivamente di fare esperienze simili, se ne avete la possibilità e l’occasione.

Tematiche

Non vorrei congedarmi, però, prima di aver fornito anche un sommario giudizio sulla selezione di cortometraggi proiettati nel corso del festival. Dico subito che ho scoperto che il cinema politico/sociale, che qui in Italia è sempre stato preponderante e che è stato però soppiantato ormai da decenni dalle commedie nell’ambito dei lungometraggi, è ancora padrone del campo nell’ambito dei cortometraggi: difatti la quasi totalità dei corti presentati parlava di immigrazione, abusi, famiglia, e così via: tanto da rendere assai effimera la distinzione, pure operata in sede organizzativa, fra documentaristica e fiction. Al di là di questa considerazione, devo dire che in ambo le categorie sono stati mostrati lavori ben riusciti, tanto tecnicamente che concettualmente. Mi rammarico però di non essere riuscito, per impegni sul mio set, ad assistere alla proiezione dei cortometraggi d’animazione che rappresenta uno dei miei principali interessi.

Un appunto

L’unico appunto che mi sento di fare è proprio questo: non dico di abbandonare i temi e i modi che da sempre caratterizzano il cinema italiano, ma di aprirsi anche un po’ alla fiction pura e semplice. Che poi se ben fatta pura e semplice non è (e rimando ad alcune considerazioni già fatte nel mio primo articolo per questa rubrica). Secondo me, se non ci si prova, il cinema italiano rischia di morire per asfissia: come già accade ai lungometraggi più commerciali, stritolati nella morsa della commedia di costume nelle sue infinite variazioni.

In effetti, nonostante il tema assegnato fosse l’ecologia, nel soggetto che io ho elaborato per il corto della mia troupe mi sono premurato di giocare con uno dei generi cinematografici più attuali e vitali, ovvero il cosiddetto cine-comic che, come molti film di questo filone (su tutti il recentissimo Joker) hanno ampiamente dimostrato, può veicolare dei messaggi anche molto importanti.

Inesperienza

Impreparazione tecnica e inesperienza hanno fatto sì che il nostro film (intitolato Gli ultimi 6 minuti, regia, come già detto, di Francesco Grilli e Giovanni Scalingi) fosse viziato da diversi difetti, e che anche la sceneggiatura ne risentisse. Ma devo dire che siamo riusciti in una piccola impresa, perché dopotutto sarebbe potuto uscire peggio, molto peggio di così. E il pubblico e i nostri colleghi hanno apprezzato il coraggio mio nell’affrontare il tema con questo approccio, e della mia troupe per avermi assecondato e permesso di portare la mia idea su schermo.

Gli altri cortometraggi

Coraggio che invece le altre troupe non hanno avuto. Fermo restando la superiorità tecnica rispetto a noi, i loro corti sono stati molto più convenzionali: o per meglio dire, di uno sperimentalismo molto convenzionale. Prima di concludere, farò un breve resoconto degli altri corti in gara nella nostra categoria:

  • Marina Arsa (regia di Agnese Laposi). Realizzato da una troupe proveniente addirittura dalla Svizzera, ha potuto godere di uno sguardo registico efficace e sapiente. Tuttavia, a mio parere, non va molto oltre il bozzetto di colore locale: sarebbe stato ottimo come servizio per un magazine televisivo alla Geo & Geo.
  • Pneuma (regia di Marco Lena). Questa troupe ha provato a giocarsi la carta del film sperimentale, con una fotografia in bianco e nero e una sceneggiatura criptica. Solo che non tutti possono permetterselo, anzi in pochissimi. Infatti loro hanno realizzato un bell’involucro, con una sostanza non all’altezza. Pretenziosi.
  • Tito (regia di Laura Longo). Il cortometraggio che ha vinto è lo stesso che avrei votato io. Film davvero bello, con un protagonista molto bravo, ed una regia decisa ma non ingombrante. Finale catartico che ho molto apprezzato. Sembrava quasi un corto Pixar.
  • Il sacrificio (regia di Dalila Kharbouche e Uriel Sessa). Qui deve essere andato storto qualcosa, tipo un crash del PC o un dissidio all’interno della troupe, altrimenti non me lo spiego. Dopo una prima metà non eccezionale ma comunque sensata, abbiamo una seconda metà composta interamente da filmati di repertorio. Inspiegabile.

 

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