Umberto Saba nasce nel 1883 a Trieste, città di frontiera che ne ispirerà la poetica e a cui dedicherà uno dei suoi componimenti più famosi
Trieste. Città multicolore e misteriosa, città contesa; Trieste di frontiera, intreccio di culture e popoli, culla e buen ritiro di molti scrittori e poeti. Da James Joyce, praticamente un triestino adottato considerato il decennio di vita nella città giuliana, a Italo Svevo, che a Trieste nacque, lavorò e compose la sua prima opera “Una vita”, a Umberto Saba, anch’egli nato a Trieste, e che cantò la città sull’Adriatico nei suoi versi.
Umberto Saba, al secolo Umberto Poli, nasce il 9 marzo 1883 nella Trieste che a quel tempo era parte dell’Impero austro-ungarico.
Figlio di madre ebrea e di un padre che lo abbandonerà presto, il giovane Umberto Saba cresce con la mamma, zio Giuseppe, un ex garibaldino, e una balia slovena, Peppa Sabaz, a cui probabilmente si ispirerà per il cognome con il quale diventerà famoso – altre fonti vogliono che abbia scelto Saba perché il termine in ebraico significa “nonno”.
Dopo gli studi irregolari e una prima passione per la musica, nel 1903 Saba si trasferisce a Pisa per studiare letteratura italiana. Anche in questo caso l’interesse non è concreto e dopo essersi avvicinato al latino e finanche all’archeologia, decide di abbandonare Pisa per far ritorno alla natia Trieste. Comincia a frequentare i salotti della città, come il Caffè Rossetti, storico punto di incontro di letterati e intellettuali.
Nel 1907 parte per il servizio militare e una volta ritornato a Trieste sposa Carolina, detta Lina, Wölfler che gli darà l’unica figlia Linuccia (1910-1980).
Umberto Saba, dalle prime poesie alle due guerre
Nel 1911 dà alle stampe, a sue spese e con lo pseudonimo Saba, la prima raccolta di versi: il titolo è semplicemente Poesie.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Umberto Saba viene richiamato alle armi dall’esercito italiano, ritrovandosi prima a Casalmaggiore e poi all’aerodromo di Taliedo. Concluso il conflitto bellico ritorna a Trieste dove acquisisce la libreria “Antica e Moderna” Mayländer (oggi chiamata Libreria antiquaria Umberto Saba) e comincia a lavorare alla sua opera più famosa: il Canzoniere.
Con l’ascesa del fascismo, la pubblicazione delle leggi razziali e l’avvio della Seconda guerra mondiale, Saba è costretto a lasciare Trieste e a rifugiarsi a Parigi e poi a Roma. Ritorna a Trieste appena in tempo per fuggirne di nuovo: con l’8 settembre 1943 e l’armistizio di Cassibile il poeta muove alla volta di Firenze con la moglie e la figlia Linuccia. Qui la famiglia è costretta a cambiare spesso domicilio e beneficia dell’aiuto degli amici Eugenio Montale e Carlo Levi. Non appena conclusa la guerra, Carlo Levi comincerà una lunga storia d’amore proprio con Linuccia Saba.
Il Canzoniere, l’opera più famosa di Umberto Saba
In questi anni tumultuosi il poeta triestino scrive altri componimenti che andranno ad aggiungersi al Canzoniere fino alla versione definitiva del 1965. Grazie a questa raccolta, nel 1946 vince, ex aequo con Silvio Micheli, il primo Premio Viareggio per la poesia.
Il Canzoniere non è altro che la cronologia poetica della vita del suo autore.
L’edizione definitiva, pubblicata da Einaudi, si compone di tre volumi: nel primo i versi scritti nei primi vent’anni del Novecento, nel secondo quelli dal ’22 al ’31, gli anni dell’ascesa del partito fascista, nel terzo i componimenti scritti negli ultimi vent’anni di vita, fino alle Sei poesie della vecchiaia del 1953-54.
La morte e la canzone alla sua Trieste
Gli ultimi anni di vita, Umberto Saba li trascorre perlopiù a Milano dove collabora con il quotidiano “Il corriere della sera”.
Saba muore il 25 agosto 1957, all’età di settantaquattro anni, in una clinica di Gorizia, ma il suo corpo è oggi seppellito al Cimitero monumentale di Sant’Anna nell’amata Trieste.
Nella città giuliana, oltre alla predetta libreria antiquaria e a varie targhe sparse, è possibile incontrare Umberto Saba quasi fisicamente grazie a una statua di bronzo collocata in via Dante, a saldare il legame indissolubile tra il cantore e la sua città. Un legame tra Trieste e Saba che il poeta ha sublimato in uno dei suoi componimenti più celebri dal titolo, per l’appunto, Trieste:
Ho attraversato tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.