“Tramontata è la luna”: lettere d’amore ai tempi del Coronavirus

Una lettera d’amore, da chiunque/qualsiasi cosa a chiunque/qualsiasi cosa: questo il tema del concorso “Lettere d’amore ai tempi del Coronavirus”, organizzato con il patrocinio dell’associazione “Lions Club” di Lamezia Terme. Cultura in Rete sul podio, grazie all’argento di Alfonso Maria Di Somma, impegnato nella rubrica di Letteratura: ennesima vittoria che si aggiunge al carniere del giovane scrittore in erba, oltre che una bella soddisfazione per la pagina, che può dirsi orgogliosa di tutto il personale anche grazie a riconoscimenti di tale genere. Pubblichiamo di seguito lo scritto premiato, che reca come incipit un frammento della poetessa greco Saffo: “Tramontata è la luna”…

“Tramontata è la Luna
e le Pleiadi a mezzo della notte:
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola…”

Cara Terra, cari Uomini,

Voi che mi avete sempre sognata, aguzzando le vostre menti a cercarmi col cavallo alato d’Astolfo prima, poi con la bestia di fuoco ed acciaio, voi che m’avete a lungo desiderata, raggiunta, conquistata e calpestata, in ultimo messa da parte -amanti crudeli- e rimpiazzata con le vostre minuscole stelle di elettroni…ebbene io vi perdono, e vi penso, ancora, e mi manca osservarvi, come un bambino, sciamare come le infinite formiche, turbinare come un arcobaleno di foglie d’autunno: ora che nelle vostre case è un inverno perenne, un letargo di cuore e ragione, sarò io a scrivere a voi.

Affacciati ai balconi, scrutando nei baratri della vostra solitudine, lasciate che sia io a tenervi compagnia, io che da sempre veglio sulle notti insonni dell’umanità: io che illumino le carte sudate degli studiosi che mai riposano, io che accompagno i voli immaginari dei poeti e sospiro sui sospiri degli amanti.

Io che da sempre guido le rotte dei marinai ed i sogni dei bambini, e vi vedo scambiarvi promesse, poi baci, poi insulti, poi più dolci promesse e più frementi baci, temo che diventerei cieca senza di voi… Coi miei raggi illuminavo la polverosa piana di Troia, quando gli uomini erano dei e gli dei uomini, portando speranza alle fatiche di Eracle e a quelle di Schindler; c’ero ad illuminare le pennellate notturne di Van Gogh e ad ascoltare il canto del pastore errante dell’Asia, c’ero a dare il tempo ai battiti del cuore di tutti gli ascoltatori dei notturni di Chopin e Beethoven, ero io a brillare sull’infelice amore di Tosca e prima degli indovinelli di Turandot, fui io la lanterna a scaldare i cuori di Amore e Psiche, l’unica silente testimone dei baci rubati di Romeo e Giulietta; sono io a splendere ugualmente sui virtuosi e sui peccatori, sui miracoli di San Francesco e sulle avventure di Don Giovanni.

Purtroppo sono sempre io a vegliare ogni volta che l’uomo si è macchiato e ricade nella colpa di Caino, perché ogni volta che succede è la più oscura di tutte le notti, ma per ogni Abele io verso una mia piccola lacrima d’argento ed ogni notte ne inondo il cielo; è questo il modo per dire che l’Universo ha a cuore i suoi figli, sempre: ho brillato sul fango, sul freddo e sulla paura dei soldati nelle trincee e sul tepore delle comode case, sui grossi ventri assopiti di chi da lì, da candidi letti di lana, “comandava” sui fronti.

C’ero, muta come voi in queste circostanze, davanti a tutti i lutti dell’umanità: splendevo sui lamenti di Ecuba, di Andromaca, perché ogni eroe prima di essere tale è padre, marito, è figlio… ecco perché non avrei voluto splendere sulle lacrime della mamma di Salvo; sui gemiti della Sicilia, a quel tramonto dopo che il sole esplose a Capaci, avrei preferito non presentarmi.

Avrei preferito scardinare il Cosmo, o almeno la mia orbita, quando dovetti brillare su Auschwitz-Birkenau e ci sono ancora tanti luoghi, tanti lamenti, sui quali pregherei non calasse mai il sole: per chi ha visto tutto il male del mondo bastano le tragedie che si inscenano a teatro, ma per quelli che l’hanno provato… qualcuno deve pur brillare per loro, se non la speranza, almeno il conforto, almeno io, almeno un mosaico, un labirinto di stelle dove cercare una felicità che non sembrate più capaci di trovare sulla Terra, che forse non c’è mai stata o che avete dimenticato-o forse mai imparato- a cercare.

Lasciate che vi faccia qualche domanda, se non avete le risposte almeno ora avrete il tempo per rifletterci: una volta avete detto: “Non vi è uomo al quale Giove non abbia dato molti mali” ma io vi assicuro che ognuno, anche chi tra voi non ne ha ricevuti, si industria per procurarne di nuovi a sé e agli altri; della mia vista potete fidarvi, ché l’unica cosa che non si vede da quassù sono i confini… siete sicuri che dal Paradiso Terrestre, dal giardino incantato vi ci abbiano cacciati davvero e che invece non siate stati voi ad annegarlo nel cemento? Perché quando vi siete guardati per la prima volta nello specchio avete deciso di chiamare “Dio” il vostro profilo migliore e “Diavolo” il peggiore? Perché chi inventò la parola “pace” fu tacciato di pazzia e chi inventò “schiavitù” fu proclamato profeta? Come ci si sente ad essere la peggiore cosa che possa capitare alla Natura e addirittura ai vostri simili? 

Non avete ereditato questo mondo (me compresa) dai vostri antenati, ma l’avete rubato ai vostri figli: fossi in voi, inizierei a preoccuparmi delle condizioni in cui lo restituirete.

Vi conosco da sempre, eppure non smetterete mai di stupirmi, forse è per questo che è difficile amarvi ma impossibile odiarvi: com’è possibile che la stessa specie abbia scritto “L’infinito” e sganciato la bomba atomica? La stessa mano che ha scritto la Bibbia ha lasciato la penna e premuto il grilletto.

Mi verrebbe da ridere a vedere sbuffare qualcuno di voi, “stremato” dal troppo stare in casa, se non fossi impegnata a piangere per tutti gli altri che non hanno un tetto sotto il quale consumare un pasto caldo e per quelli che non hanno neanche un pasto, né caldo né tiepido né freddo.

Spero che non ve la prendiate a male, che non fraintendiate le parole di una vecchia amica: vi sto solo facendo sentire l’altra campana e, siccome dall’altro lato delle nuvole non potete vederla, bisogna che essa suoni più forte.

Dopotutto ognuno di voi abita la terra per qualche giorno; ascoltate una che la osserva da milioni di anni: non avete trovato la felicità nel più profondo abisso né in cima a più alto dei monti (ora il mondo non nasconde più segreti per voi) ma non la troverete neanche in una casa più grande, o in un portafoglio più pieno; nemmeno la dolcezza delle labbra della più bella compagnia spegnerà la vostra fame finché il vostro vicino rimarrà a digiuno. 

Ecco dov’è nascosta la vostra felicità: dietro il sorriso di chi grazie a voi non ha più freddo, perché Felicità è una pietra che brilla di più riflessa negli occhi del tuo prossimo, è quel riflesso il “bagliore divino, e dolce è la vita” che cantava Pindaro (io c’ero), è quel riflesso che illumina d’immenso, che fa gridare al dottor Faust, rivolto all’attimo: “sei così bello, fermati! Gli evi non potranno cancellare l’orma dei miei giorni terreni.Comprendendo una gioia tanto grande, io godo ora l’attimo supremo”.

Da parte mia, mio amato Uomo, ti ho indicato la rotta, come sempre: a te la suprema libertà di scegliere il cammino, come sempre. 

Affido ai primi raggi del sole queste mie parole: essi mi incalzano (non pensare di essere l’unico servo del tempo); fa’ che quest’alba che sta per sorgere schiuda l’inizio di un nuovo giorno, un giorno di risveglio, di rinascita, di cambiamento… e se mai al tramonto ti sentirai solo o triste, o perso, alza gli occhi e mi troverai: amata e fedele compagna del tuo destino.

Da sempre e per sempre tua, 

La Luna

Alfonso Maria Di Somma premiato dal Sindaco di Lamezia Terme Avv. Paolo Mascaro

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