Porte chiuse per le Olimpiadi? Tecnologia poteva aiutare

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E’ dunque definitiva la decisione di posticipare i Giochi olimpici.
Tokyo, per via dei migliaia di soldi investiti – in mezzi pubblicitari, sponsor, in abitazioni riservate agli agonisti – ha provato a resistere il più possibile pur di evitarne la cancellazione; tra le diverse proposte si è parlato persino dello svolgimento di Olimpiadi a porte chiuse. Nulla da fare, le Olimpiadi verranno spostate nel 2021.

Viviamo un déja vu

Le olimpiadi, come le conosciamo oggi, nascono con Pierre de Coubertin, un diplomatico francese, che instituì il 6 aprile 1896 ad Atene la prima Olimpiade moderna, che vedeva protagoniste ben 13 nazioni e 285 atleti.
Da allora questo appuntamento quadriennale non è mai saltato se non per due eccezioni: nel 1916 a Berlino durante la prima guerra mondiale e nel 1940 durante la guerra sino-gipponese. Fu proprio nel 1940, infatti, che Tokyo fu chiamata per ospitare le Olimpiadi, ma forze di causa maggiore glielo impedirono.

La maledizione di Tokyo

Secondo gli economisti si parla di grandi perdite per Tokyo: 6 miliardi per un’iniziativa che pesa l’1,4 % sul prodotto interno lordo della nazione, senza contare i 66 miliardi di investimento in beni, partnership, sponsor, alloggi, etc…
Qualcuno di scaramantico potrebbe affermare: maledizione?
Tokyo è la prima capitale che vede la cancellazione dei giochi per ben due volte di seguito.
I giapponesi hanno provato fino all’ultimo a difendere la propria fiaccola: Olimpiadi a porte chiuse, in modo tale che gli atleti possano gareggiare senza pubblico e in sicurezza tra di loro.

Nuove tecnologie, nuove speranze?

La trovata Nipponica sarebbe stata anche stimolante alla luce delle nuove tecnologie a disposizione.
Il potere delle grandi piattaforme digitali (Facebook, Instagram, Youtube) è grande; offrono la possibilità a tutti di mostrarsi e parlare al pubblico in tempo reale tramite le “dirette”. La stessa nuotatrice Pellegrini, pochi giorni fa, ha mostrato in diretta Instagram il suo nuovo tempo record , dichiarando: ” Ragazzi è un buon 53′ 6″.
Lo sport casalingo, per giunta, si è trasferito su queste piattaforme: i servizi fitness e le palestre offrono fasce orarie di dirette nelle quali trovarsi e allenarsi in compagnia, mantenendo alto il morale

Un distopico futuro: le olimpiadi social friendly

Potrebbe considerarsi questa una soluzione per rendere tutti partecipi a questo evento a porte chiuse? A contrario della televisione le dirette social offrono la possibilità di partecipare: like, commenti e interazione digitale.
Se già le università hanno rinunciato ai loro banchi per delle tastiere di computer, perchè non parlare di olimpiadi social?
Subito ci si immagina un futuro distopico con tanti cellulari sugli spalti ai quale collegarsi, attraverso i quali il pubblico pagante avrebbe la possibilità di partecipare in diretta ai giochi olimpici.

L’adrenalina e la performance non sono pixel

La difficoltà nel realizzare un’iniziativa di questo tipo è considerevole e probabilmente non realizzabile da vari punti di vista, quali: economico, concreto e organizzativo.
Tuttavia lo sport è fatto da muscoli che si tendono, corpi che si sfidano, menti che superano se stesse e boati del pubblico che stimolano l’adrenalina e spingono l’agonista al massimo delle sue possibità. La corporeità, il calore tra sportivo e pubblico è fondamentale e non può essere sostituito da radiosi smile o pollici in sù.

Lo sport e la condivisione continua a schermi liquidi

Nè la tecnologia nè un ambiente chiuso accenderà la fiaccola dell’unione e della sana competizione quest’anno.
Lo sport , la solidarietà e il senso di comunità soccombono al virus, che divide e allontana.
Tuttavia i social non sono la sola risposta per tenerci in stretto contatto, ma perlomeno sono una piccola risorsa da sfruttare.
Nei nostri schermi a 10 pollici ci si continua ad allenare, i muscoli cibernetici lavorano e il calore del CPU è più alto che mai.
Il sudore è reale anche se un po’ più filtered di quanto lo sia nella quotidianità.
Ora come non mai teniamoci vicini e in movimento: il contatto è un po’ freddo attraverso uno schermo ma sudando tutti della stessa fatica ci sentiamo un po’ più riscaldati.

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