Per un pugno di note – Un commiato da Ennio Morricone

Cari lettori devo, prima di tutto, fare ammenda. Avrei dovuto scrivere questo pezzo molto tempo fa. Purtroppo, tra sessione estiva e impegni di vario tipo, non ne ho avuto modo. E di questo devo scusarmi, in primis, con il Maestro Morricone. O forse, semplicemente, finora non ho trovato le parole giuste: chissà… Forse è solo un pensiero autoassolutorio.

Fatto sta che adesso ho deciso di sedermi al PC, e stendere qualche parola per omaggiare – anche nella categoria Cinema del nostro blog – l’opera e la figura di questo grande Maestro del Cinema per l’appunto, e della Musica.

Voglio fare però, prima di tutto un disclaimer: io non sono un esperto di Musica, e tantomeno di Musica per il Cinema, che è un modo di fare musica del tutto particolare. Scrivo quindi solamente in qualità di spettatore che ha amato gran parte dei film che Morricone ha musicato, e la Musica che per essi ha creato.

Forse, perciò, le mie parole si riveleranno non all’altezza dell’argomento; ma saranno indubbiamente sentite.

La Trilogia del tempo

Non ho mai visto Per un pugno di dollari (1964). E neanche i suoi seguiti Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966), che costituiscono la cosiddetta Trilogia del dollaro di Sergio Leone. E so cosa state pensando: questa è un’altra grave colpa verso Morricone di cui fare ammenda. Una ragione, se non li ho mai visti, però c’è. Andiamo con ordine.

La carriera registica di Sergio Leone, se si esclude il suo film d’esordio (Il Colosso di Rodi, 1961), è composta interamente da due trilogie: la già ricordata Trilogia del dollaro, e la Trilogia del tempo. Quest’ultima annovera C’era una volta il West (1968), Giù la testa (1971) e C’era una volta in America (1984). E questi film non solo li ho visti. Ma rivisti. Diverse volte. Vissuti. Sentiti. Amati.

Può sembrare paradossale, ma credo che una delle sequenze in cui la maestria di Sergio Leone emerge con più forza, è la sequenza muta all’inizio di C’era una volta il West. Muta, e senza musica. Eppure, ogni rumore, ogni suono, ogni verso, ogni passo, ogni fiato, in quella sequenza contribuisce, unitamente alle immagini, a creare una grandiosa sinfonia. Se non è Musica, grande Musica quella, non so proprio cosa lo sia.

Non voglio neanche rivederla: ce l’ho stampata in mente, sin da quando, da piccolo (forse ero addirittura ancora all’asilo) vidi per la prima volta quelle immagini sullo schermo televisivo, perché mio padre stava guardando il film. La televisione era una di quelle con il tubo catodico che si usavano fino ad una decina di anni fa, e la qualità della pellicola era quella di una VHS casalinga registrata da un passaggio televisivo. Insomma, nulla a che vedere con i file ed i supporti di oggigiorno. Eppure le immagini e i suoni si palesavano a me in tutta la loro potenza.

Non dirò di averle amate sin da quella primitiva visione. Quella sequenza mi appariva strana. Mi spaventava, anche. In effetti, per un bambino cresciuto negli anni ’90, a suon di Alan Menken e di musical del Rinascimento Disneyano, una sequenza come quella – senza dialoghi e senza alcun tipo di commento musicale – può spaventare. Ma sicuramente mi ha colpito, in maniera indelebile.

Non credo di essere riuscito ad esprimere neanche una parte di quello che mi sarebbe piaciuto dire sull’opera di Morricone. Ma in fondo, le sue musiche parlano da sole, e non c’è molto da aggiungere. Il dovere di una buona colonna sonora è accompagnare le immagini, veicolare senso attraverso la musica – ma non un senso racchiuso e finito in quelle note, bensì un sovrasenso globale di cui la musica è parte. E a volte, come nella sequenza iniziale di C’era una volta il West, la musica non serve: o è troppo, o è troppo poco.

Questo aspetto, questa volontà di mettere la sua Arte al servizio del film, e non viceversa, Morricone lo ha avuto in comune con gli altri grandi compositori di musica cinematografica. Si pensi, uno su tutti, a Bernard Hermann, che nel suo periodo di massima creatività ha accettato di lavorare alla colonna sonora di un film senza musica: Gli uccelli (The Birds, 1963, Alfred Hitchcock).

È difficile per me dire se Morricone sia stato un musicista o un cineasta: probabilmente entrambe le cose. O ancora più probabilmente è stato semplicemente un Artista. Un uomo che ha accompagnato lo scorrere dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti con le sue note.

Mi rendo conto di aver detto pochissimo, e male. Ma ho l’impressione di scrivere solo banalità, di ripetere ciò che ho sentito ripetere dai telegiornali, dai quotidiani, dalla radio. E questo il Maestro non lo merita. Preferisco limitarmi a questo ricordo, e a qualche considerazione sparsa.

Maestro, grazie di tutto. Fortunatamente, ho ancora tre grandi film con la Tua Musica da scoprire. E sì, non ho mai visto la Trilogia del dollaro proprio per questa ragione, in fondo. Mi piace l’idea di avere ancora tre tue grandi colonne sonore da scoprire, tre grandi sinfonie musicali e visive in cui immergermi.

E spero che, quando lo avrò fatto, troverò parole migliori di quelle di questo articolo per renderti giustizia.

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