Scatta il 16 dicembre 1989 la rivoluzione romena che porterà alla caduta e all’esecuzione di Nicolae Ceaușescu, l’ultimo dittatore del Novecento.
L’ascesa di Ceaușescu
Nato a Scornicești il 26 gennaio 1918, Nicolae Ceaușescu è stato al potere della Romania per ventiquattro anni, creando gradualmente un regime dittatoriale che cessò di esistere soltanto in seguito alla Rivoluzione romena cominciata il 16 dicembre 1989.
Il regime ufficialmente comunista di Ceaușescu, in realtà fu più vicino ad una ideologia fascista, con la repressione di ogni minoranza, o comunque a un comunismo come quello impostato dal dittatore coreano Kim Il-sung con l’accentramento dei poteri in un’unica persona.
Sposato con l’attivista comunista Elena Petrescu, Nicolae Ceaușescu diventò segretario generale del Partito Comunista Romeno nel 1965 e Presidente della Repubblica dal 1974 fino alla caduta del dicembre 1989.
La dittatura del Genio dei Carpazi
Nicolae Ceaușescu, il Genio dei Carpazi, accentrò nella sua persona tutti i poteri politici, creò la Securitate, la polizia politica che controllava la stampa, gli affari interni, sorvegliava e nei casi più gravi eliminava gli oppositori politici e le attività dei romeni all’estero.
Il suo intento era quello di portare la popolazione romena da 20 a 35 milioni di abitanti perciò proibì l’aborto e impose alle famiglie di procreare almeno cinque figli.
Tutte le azioni del conducător portarono a un progressivo impoverimento della popolazione romena.
Quando nella seconda metà degli anni ottanta Michail Gorbačëv avviò le ristrutturazioni della Perestrojka (seguite oltre che dall’URSS anche dagli altri stati satellite del blocco sovietico), cominciò a essere chiaro che il comunismo fosse giunto ai titoli di coda.
La caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989 ne fu il simbolo, ma i venti rivoluzionari che spiravano sempre più forti in tutta l’Europa dell’Est sembravano non intaccare le certezze di Ceaușescu. Fino al dicembre successivo.
La rivoluzione romena
Diversamente dagli altri stati del blocco sovietico in cui la fine del regime comunista ebbe luogo in maniera abbastanza pacifica, in Romania il processo fu macchiato dal sangue.
Timișoara, grossa città della Transilvania che ospitava una corposa minoranza ungherese fortemente vessata dal dittatore. È il 16 dicembre 1989 quando, a causa dei tentativi del governo romeno di espellere dalla città il pastore riformato László Tőkés, la popolazione di Timișoara, già afflitta dalla povertà galoppante, si ribellò. La Securitate e i militari tentarono di contenere i rivoltosi. Le azioni sembrarono indirizzate a una rapida soluzione; l’indomani mattino però gli scontri si inasprirono. Ceaușescu, in visita ufficiale in Iran, perciò, ordinò alla moglie, vice Primo ministro della Romania, di reprimere la rivolta col fuoco.
Migliaia di civili armati di sole bandiere romene, cui era stato tagliato lo stemma comunista al centro, si scontrarono contro i militari. La rivoluzione romena era cominciata.
La fine del regime
Nicolae Ceaușescu ritornò in patria e il 21 dicembre si affacciò dal palazzo del Comitato Centrale di Bucarest. Giù, nella piazza, una massa di 100.000 persone coprì i suoi discorsi di disapprovazione contro i rivoltosi di Timișoara. I romeni urlarono slogan come Noi siamo il popolo, giù il dittatore! e Morte al dittatore. In piazza nacquero una serie di scontri, ma i militari apparvero riluttanti. L’oppressore guardò, quasi incredulo, la storia ribellarglisi contro. Comprese di essere ormai solo.
Il mattino seguente la piazza dell’Università di Bucarest fu nuovamente presa d’assalto dai manifestanti. La stessa mattina il ministro della difesa Vasile Milea si suicidò con un colpo di pistola. Scoccò mezzogiorno e Ceaușescu e sua moglie Elena fuggirono con un elicottero, mentre alla televisione occupata i leader dei ribelli comunicarono al popolo che il dittatore era scappato.
Nei cieli romeni, intanto, il pilota Vasile Maluţan convinse l’oppressore a fare un atterraggio d’emergenza dicendo che un aereo li aveva intercettati e minacciava di aprire il fuoco. Ceaușescu acconsentì, ma appena atterrato in una zona campagna di Târgoviște capì di essere in trappola. L’ormai ex dittatore e la moglie cercarono di fuggire in auto, ma furono bloccati immediatamente dalla polizia.
Morte al dittatore
È il 25 dicembre 1989, il giorno di Natale e in una scuola di Târgoviște Ceaușescu ed Elena vengono condannati a morte da un tribunale straordinario in seguito a un processo farsa.
Le accuse – appoggiate anche dagli avvocati difensori dei Ceaușescu – furono molteplici, tra le quali il genocidio, giustificato dai numeri gonfiati circa le morti causate dagli scontri di Timișoara – la televisione parlò di 5.000 vittime quando invece, col tempo, ne furono accertate meno di un centinaio. La sentenza di fucilazione fu eseguita nello stesso luogo pochi minuti dopo il processo che il conducător non riconobbe valido.
La cieca ferocia dei ribelli – non certo una novità nel momento in cui il popolo si trova nel ruolo di giudice di un dittatore – fu emblematica: i corpi di Nicolae Ceaușescu ed Elena furono mandati in onda dalle emittenti televisive per mostrare a tutto il popolo romeno che la dittatura era finita.
La Romania oggi
La Repubblica Socialista di Romania collassò e venne sostituita dall’attuale repubblica democratica. Il primo presidente della repubblica romena fu Ion Iliescu, già al centro delle rivolte che portarono alla caduta del tiranno.