Prefazione
La Prima guerra mondiale fu sicuramente il maggior conflitto su scala planetaria della storia umana fino alla Seconda. Rimane tutt’ora ancora “nell’ombra” rispetto alla Seconda per i più vari motivi e spesso non ci si sofferma mai granchè sulla sua effettiva importanza, sui risvolti che ha avuto e sugli sconvolgimenti che ha portato alla società umana.
Si sa, tuttavia, chi furono i chiari vincitori e i vinti di questa “Grande Guerra” e quali cambiamenti ebbe sulla storia di questi Paesi: molti etichettarono la Prima Guerra mondiale come causa della Seconda, come l’ultima guerra d’indipendenza italiana (Benito Mussolini), come un’inutile strage (papa Benedetto XV) o semplicemente una guerra contro l’arroganza degli Imperi Centrali.
Oggi la storiografia ci riesce a dare un aiuto riguardante l’interpretazione della stessa e oramai, salvi rari casi, non c’è ormai più essere umano capace di raccontarcela (fatto, questo, totalmente opposto rispetto la Seconda guerra mondiale essendo vivi, ancora, molti veterani e sopravvissuti di quest’ultima).
In questo articolo descriverò brevemente l’inizio della guerra per poi meglio descrivere la guerra dal punto di vista italiano.
La situazione europea prima dell’intervento italiano
28 Giugno 1914. Viene assassinato a Sarajevo l’erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando d’Asburgo assieme alla moglie da un nazionalista serbo, Gavrilo Princip. L’Austria-Ungheria, oltraggiata da questo fatto, manda un ultimatum al Regno di Serbia che crede sia il mandatario dell’efferato omicidio. Le richieste dell’ultimatum sono durissime e la Serbia non le accetta se non per una piccola parte: questo causò la guerra tra i due Stati, che venne ufficialmente dichiarata il 28 Luglio 1914.
La geografia europea del tempo era molto differente rispetto a quella odierna: era ancora “padrona del mondo”, dava la casa ad imperi floridi e centenari, ad un’unica repubblica (la Francia) e ad una serie di Regni molto belligeranti che volevano solamente entrare nello scenario politico europeo. Molto grossolanamente, infatti, l’Europa comandava più o meno indirettamente una buona parte delle terre emerse, tutto il continente africano ad eccezione della Liberia e dell’Etiopia e possedeva numerosissime colonie sparse su tutto il globo: ma concentriamoci sullo scenario europeo.
(Il mondo allo scoppio della Prima guerra mondiale)
Come si può ben notare dalla mappa sopra riportata l’Europa era più o meno presente su tutti i continenti e questa situazione favorì in modo più o meno decisivo l’andamento della guerra (l’Italia possedeva i territori delle attuali Somalia, Libia, Eritrea ed alcune isole nel Mar Egeo).
L’Europa di inizio Novecento era divisa in due blocchi contrapposti: nel 1914, infatti, erano presenti la Triplice Alleanza (Impero tedesco, Austria-Ungheria e Regno d’Italia) e la Triplice Intesa (Impero russo, Francia e Gran Bretagna) più una serie di stati molto bellicosi come la Serbia, la Romania e la Bulgaria. Questi due tipi di “alleanze” erano nate per scopi differenti: l’Intesa nacque soprattutto per arginare l’espansionismo tedesco ed era sia di tipo difensivo e di tipo offensivo mentre la Triplice Alleanza era a scopo puramente difensivo (se ad uno Stato dell’Alleanza fosse stato dichiarato guerra gli altri stati alleati avrebbero dovuto aiutarlo).
Lo “scacchiere” europeo
L’Austria-Ungheria dichiarando guerra al Regno di Serbia fece scattare il sistema delle alleanze che da lì ad una settimana scarsa avrebbe gettato l’Europa nel caos più totale: l’Impero russo, che aveva come alleata la Serbia poichè accomunata da una stessa identità slava (e la considerava avanguardia per una possibile espansione nei Balcani) dichiarò guerra all’Austria-Ungheria e mobilitò l’esercito. La Germania, alleata dell’Austria, dichiarò di conseguenza guerra alla Russia: la Francia, vendendo la dichiarazione di guerra tedesca, entrò in guerra al fianco della Russia e così via.
Le uniche incognite rimasero il regno d’Italia, l’Impero ottomano e gli USA, che rimasero su posizioni attendiste: l’Italia non era costretta ad entrare in guerra poichè non era di tipo difensivo ma offensivo; l’Impero ottomano, da molti considerato “il malato d’Europa” era uno Stato in totale decadenza, ma pur sempre dotato di un’influenza trans-continentale e non era molto interessato a questa guerra nonostante simpatizzasse per l’Impero tedesco; gli USA di Woodrow Wilson erano da sempre isolazionisti, ma vicini alle posizioni britanniche.
L’esercito tedesco si scontrò ad ovest con quello francese e il BEF britannico (il British Expeditionary Force fu un esercito di terra molto esiguo essendo la Gran Bretagna perlopiù focalizzata sulla marina militare ed entrò in guerra soprattutto a causa dell’invasione tedesca del Belgio) creando così il Fronte occidentale: ad est, invece, gli alleati austro-tedeschi dovettero affrontare l’immenso esercito russo che, anche se mal addestrato, diede molto filo da torcere creando il Fronte orientale.
(Le diverse alleanze alla vigilia della Grande Guerra)
La fine della guerra lampo e l’inizio dell’agonia
Con il fallimento del piano Schlieffen (la cosiddetta “guerra lampo” voluta dai tedeschi per far capitolare la Francia repubblicana) e la trasformazione della Guerra in una di posizione rispetto a quella iniziale di movimento, gli eserciti iniziarono a trincerarsi.
Negli ultimi anni la tecnologia fece passi da gigante e diverse innovazioni vennero sperimentate sul campo di battaglia: basti pensare ai gas al cloro, ai lanciafiamme, ai carri armati, all’aviazione, ai sottomarini ecc… e la cosa che può sorprendere è che tutti questi “strumenti di morte” furono a disposizione di entrambe le fazioni, rendendo lo scontro stranamente equilibrato.
Sta di fatto che si capì fin da subito, dopo la fine del 1914, che quel conflitto sarebbe costato numerose vittime, danni psicologici irreparabili ai soldati e una devastazione incomparabilmente superiore rispetto ai precedenti conflitti. Tra le varie persone che descrissero i massacri e le devastazioni della Prima guerra mondiale ci fu un grande poeta, Giuseppe Ungaretti.
Dentro il Regno d’Italia, che all’inizio si mantenne su posizioni neutrali ed attendiste, si svilupparono scontri molto accesi tra interventisti (coloro che volevano la guerra) e neutralisti (coloro che volevano mantenersi neutrali) e questa situazione di subbuglio non consentì agli altri Stati di definire l’esatto ruolo dell’Italia all’interno dello scenario europeo: sarebbe intervenuta al fianco dell’Alleanza? Si sarebbe mantenuta su posizioni neutrali? Nessuno lo sapeva con certezza, ma non era importante visto che era considerata una potenza di secondo piano rispetto le altre europee. Nessuno si sarebbe aspettato, infatti, che l’Italia avrebbe avuto un ruolo importantissimo, se non decisivo, all’interno della Grande Guerra.
L’Italia al bivio: interventismo contro neutralismo
Il Regno d’Italia si mantenne fin da subito neutrale: non era costretta, infatti, a dover partecipare ad una guerra che non la interessava: Antonio Salandra, primo ministro italiano, dichiarò la neutralità il 2 Agosto 1914, pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia. La posizione italiana, inoltre, favorì un intenso scambio di lettere tra i vari rappresentanti dei paesi belligeranti e il Bel Paese: ovviamente l’Italia non sarebbe rimasta neutrale a lungo.
Con l’avanzata delle armate tedesche del generale Von Moltke in Francia si pensava ad un prolungamento all’idea di non bellicosità, ma sulla Marna, nell’omonima prima battaglia, le truppe tedesche vennero fermate da un contingente franco-britannico e sorsero i primi dubbi riguardo l’invincibilità dei tedeschi.
Lo scenario politico interno italiano era diviso in due blocchi: uno a favore dell’interventismo e l’altro sostenitore di un neutralismo prolungato. Il blocco neutralista era formato da cattolici (tra cui inizialmente papa Benedetto XV), i liberali e i socialisti mentre quello interventista da repubblicani, nazionalisti, sindacalisti, rivoluzionari e liberali di destra (come esempio abbiamo Gabriele D’Annunzio).
Pur essendo spaccata letteralmente in due il neutralismo andava per la maggiore soprattutto a causa dell’incertezza suscitata dall’avanzare della guerra su entrambi i fronti.
Le motivazioni di entrambi gli schieramenti
Entrambi gli schieramenti avevano le loro motivazioni: infatti sia neutralisti che interventisti nutrivano “interesse” verso la guerra che si stava svolgendo, ma per ragioni totalmente opposte.
I neutralisti sperarono di mantenere l’Italia neutrale perchè quel conflitto non la interessava direttamente: i socialisti temevano che avrebbe favorito un nuovo “imperialismo” mentre i cattolici erano da sempre non belligeranti (con alcune eccezioni come padre Agostino Gemelli e i vari cappellani-soldati). Inoltre si rendevano conto che l’esercito non era pronto ad uno scontro di tali proporzioni e speravano comunque nell’ottenimento di alcune magre conquiste territoriali come il Trentino e la Dalmazia.
Le posizioni interventiste erano più decise: credevano che l’ingresso italiano in guerra, a prescindere dallo schieramento, le avrebbe consentito di ottenere un enorme
riconoscimento, il suo prestigio sarebbe aumentato ed avrebbe ottenuto molto di più rispetto ad una posizione neutrale.
La ragione che col tempo favorì gli interventisti fu dovuta al crescente nazionalismo: si credeva che quella guerra fosse un “segnale divino”, un atto eroico e un dovere
combatterla per rendere grande l’Italia.
Proprio a causa di questa divisione, il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino “sondò” letteralmente il terreno chiedendo varie informazioni ai vari leader europei: sapeva benissimo che l’Italia sarebbe scesa in campo al fianco di coloro che avrebbero offerto di più sul “piatto” in caso di vittoria.
L’Italia entra in guerra: il Radioso Maggio
Sonnino, quindi, di adoperò per trovare la risoluzione migliore al dilemma italiano: entrare in guerra o mantenersi neutrali? Proprio per questo avanzò richieste sia all’Intesa sia all’Austria-Ungheria: quest’ultima fu decisa a negare quasi tutte le richieste mentre Francia e Gran Bretagna accettarono di intavolare delle trattative. Nei primi mesi del 1915 l’Italia si ritrovò più propensa ad accettare i termini dell’Intesa rispetto a quelli dell’Alleanza e un ulteriore fattore la motivò ad entrare in guerra a favore della prima ovvero la pur sempre secolare inimicizia con l’Impero asburgico fin dai tempi del Trattato di Campoformio.
A causa poi del mutamento della situazione sui fronti europei Antonio Salandra siglò in segreto il Patto di Londra il 26 Aprile 1915 e assicurò un posto all’Italia a favore della Triplice Intesa. L’esercito, pur essendo male addestrato, indietro tecnologicamente e non particolarmente pronto alla guerra, venne mobilitato e la guerra all’Austria venne dichiarata il 23 Maggio 1915 (solo all’Austria mentre all’Impero tedesco no, sperando di rimanere in buoni rapporti). Il 24 Maggio le truppe italiane si mossero verso il confine austriaco e iniziarono a combattere le truppe asburgiche, aprendo di fatto un nuovo fronte.
Per tutta la penisola avvennero manifestazioni a favore dell’intervento, con feste e dichiarazioni al limite del fanatismo: il dado era tratto e la “guerra santa” sarebbe stata l’ultima e la più grande. Nessuno si aspettava infatti che sarebbe stato un massacro e che avrebbe segnato chiunque: nessuno era realmente preparato, ma il nazionalismo e il fanatismo annebbiarono le menti di tutti coloro che ci videro una “guerra giusta contro lo straniero”. Contemporaneamente alla guerra terrestre si inasprì la guerra marittima, con bombardamenti da parte della Regia Marina Italiana delle coste adriatiche austriache e iniziarono scontri contro la K.U.K Kriegsmarine: l’Adriatico divenne quindi un ulteriore teatro di guerra.
L’evoluzione del conflitto nel 1917
La prima parte della guerra volse a favore del Regno d’Italia: molte battaglie vennero combattute e molto terreno venne conquistato, ma sempre a caro prezzo di vittime umane. Arrivate a Gorizia, infatti, le truppe italiane si assestarono su posizioni trincerate e anche qui la guerra di movimento si trasformò in una di posizione. L’esercito austriaco capeggiato da Franz Conrad Von Hötzendorf riuscì a fermare l’offensiva italiana e ad assestarsi sul fiume Isonzo, proprio vicino a Gorizia.
Nel mentre la situazione europea stava lentamente cambiando: entrambi gli schieramenti erano allo stremo e gli Imperi centrali stavano finendo fondi e risorse. Per tutto il 1915 e il 1916 gli eserciti non avevano più delle chiare tattiche da seguire, ma solamente l’obbiettivo di svenare le armate nemiche (esempi di queste battaglie furono Verdun che durò circa un anno da inizio 1916 alla fine dello stesso anno e la battaglia di Arras che durò dal 9 Aprile al 21 Maggio 1917). I tedeschi provarono a smuovere la situazione attuando la cosiddetta “guerra sottomarina indiscriminata” nel Mare del Nord cioè affondando tutte le navi nemiche, militari e non, che percorrevano le rotte marine nel mare tra Germania e Gran Bretagna. Questo atteggiamento estremamente offensivo fu causa di un notevole irrigidimento nei rapporti tra Germania e gli USA (ci fu il precedente affondamento della nave mercantile Lusitania in acque inglesi da parte degli U-boot tedeschi nel Maggio del 1915, ma il presidente americano Wilson provò a mantenersi neutrale).
La goccia che fece traboccare il vaso fu l’intercettazione del cosiddetto “telegramma Zimmermann” da parte statunitense ( Gennaio 1917): il telegramma era indirizzato al Messico con mandatario l’Impero tedesco. Questo messaggio conteneva varie sollecitazioni riguardante la possibile dichiarazione di guerra messicana rivolta agli Stati Uniti, ma le richieste tedesche si risolsero in un nulla di fatto poichè il presidente messicano le trovò irrealizzabili ed improponibili: da lì a poco gli Stati Uniti avrebbero dichiarato guerra alla Germania ed entrando nel conflitto a favore dell’Intesa (6 Aprile 1917).
Novità sul fronte orientale e la “spedizione punitiva”
Quasi contemporaneamente all’ingresso degli USA nella Grande Guerra avvenne una grande crisi sul Fronte orientale: l’armata russa stava arretrando e ,nonostante l’ottima offensiva Brusilov del 1916, si ritrovò completamente priva di mezzi e completamente allo sbando a causa della Rivoluzione che stava prendendo piede all’interno dell’Impero. La Russia sarebbe uscita dalla guerra ad inizio 1918 pur promettendo all’inizio di rimanere al fianco dell’Intesa.
Questa nuova situazione favorì l’Austria-Ungheria che spostò le armate dal confine russo a quello italiano, stessa cosa che fece l’Impero tedesco: ebbe così inizio la cosiddetta Strafexpedition, o spedizione punitiva. Le truppe orientali andarono quindi ad aggiungersi sul fronte italo-austriaco italiano e l’esercito dei Savoia venne sconfitto nella battaglia di Caporetto (12 Novembre 1917) e fu costretto a ritirarsi di centinaia di kilometri fino al fiume Piave, dove riuscì ad assestarsi (26 Novembre 1917).
Questa disfatta fu talmente grave da convincere lo Stato maggiore a radiare dal proprio ruolo il generale Luigi Cadorna e a sostituirlo con Armando Diaz. Questo cambio risulterà decisivo ai fine della vittoria poichè il primo era di ideologie più attendiste mentre il secondo più pragmatico. La portata di tale fallimento tattico-militare è ancora oggi impresso in tutte le menti italiane, sinonimo di disfatta e ritirata rocambolesca e poco dignitosa.
La guerra è vinta: l’Italia trionfa
Nonostante la clamorosa sconfitta a Caporetto il generale Diaz riuscì a scavare trincee e a creare una linea difensiva lungo il Piave. Questo permise al Regio Esercito italiano di riorganizzarsi e di ritrovare le speranze perdute poco tempo prima. La situazione europea stava ulteriormente cambiando: truppe americane, neozelandesi e australiane si unirono a quelle franco-britanniche e permisero all’Intesa di sbaragliare l’esercito tedesco sulla Mosa-Argonne dopo l’ultimo vano tentativo da parte del Capo di Stato maggiore tedesco Ludendorff di conquistare la vittoria (“offensiva di primavera”). L’armistizio verrà stipulato l’11 Novembre 1918.
Il fronte italiano era ancora in una fase di stallo e l’esercito austro-tedesco si convinse sempre più che una guerra di logoramento sarebbe stata la carta vincente contro il Regno d’Italia, ma Armando Diaz, con una semplice manovra tattica, riuscì a volgere l’esito della guerra a suo favore.
L’offensiva italiana cominciò il 24 Ottobre e colse l’esercito austriaco alla sprovvista: stava combattendo da troppo tempo, non era più motivato come all’inizio del conflitto, le razioni scarseggiavano e avvennero molti ammutinamenti e diserzioni. Si può quindi dire che la successiva vittoria italiana non fu totalmente merito dell’esercito del Bel Paese, ma soprattutto per demerito austriaco.
Sta di fatto che l’offensiva italiana, durante una giornata piovosa, riuscì nel suo intento: creando un ponte di navi durante la notte sul fiume Piave attraversò le sue acque e colse impreparato l’esercito asburgico (battaglia di Vittorio Veneto). Le ultime rappresaglie austriache risultarono inutili e l’Austria chiese l’armistizio, che verrà firmato a Villa Giusti, vicino Padova, il 3 Novembre 1918.
L’Italia vinse così la guerra, la sua guerra, ma le motivazioni non sono così ovvie: il nazionalismo italiano si scontrò contro la dura preparazione austriaca e fu minato dall’impreparazione del proprio Regio Esercito. Il conflitto si risolse a favore degli italiani soprattutto per demeriti asburgici, nonostante l’evidente sforzo nel volere vincere la guerra in modo esemplare.
L’Intesa, con la Conferenza di Parigi e il conseguente Trattato di Versailles, concesse al Regno dei Savoia il Trentino, l’Istria e delle piccole isole in Grecia ( a causa della sconfitta ottomana), ma ciò non soddisfò la “fame” italiana. La vittoria della Prima Guerra Mondiale verrà ricordata come “vittoria mutilata”, scusa che poi verrà utilizzata da Mussolini, che l’aveva combattuta, per motivare le richieste imperialistiche fasciste future.