L’Impero romano prima di Costantino
La tetrarchia di Diocleziano: il metodo ideato per superare l’anarchia militare
Il periodo antecedente l’ascesa di Costantino fu molto turbolento: l’anarchia militare (235-284) scosse profondamente le fondamenta dell’Impero e sembrò che nessuno fosse in grado di ripristinare l’ordine all’interno dello Stato romano. Si susseguirono, infatti, numerosi imperatori perlopiù elevati al soglio imperiale dalle truppe stanziate in determinate zone, dalla Pannonia, alla Siria e alla Gallia (la maggior parte dei quali venne sistematicamente assassinata oppure fatta sparire sempre dalle truppe).
L’Impero, come si può notare dalla cartina, risultava troppo vasto da amministrare e non ci fu una singola personalità in quei 50 anni, salvo forse Aureliano (che riuscì a riunire anche se per breve tempo l’Impero sotto la sua guida), che riuscì a comandare e a governare in modo unitario tutte le terre conquistate. Sul finire del III secolo, però, un uomo ideò un particolare strumento per trasformare l’ormai antiquato Principato “aggiornandolo” al tempo presente: quell’uomo fu Diocleziano e la sua nuova “creatura” venne chiamata Tetrarchia.
L’inaugurazione del Dominato (successivo al Principato creato da Augusto) sancì l’inizio di una nuova era per l’Impero romano: l’amministrazione si fece più diretta e il Senato, antica quanto desueta istituzione romana, venne esautorato quasi totalmente e l’imperatore accrebbe notevolmente il proprio potere personale alimentando così il proprio dispotismo.
La tetrarchia si propose di dividere l’immenso Impero in 4 sezioni: 2 governate da “Cesari” e 2 da “Augusti”. Gli Augusti avevano più potere rispetto ai Cesari e se i primi fossero morti i secondi ne avrebbero preso il posto diventando loro stessi Augusti e nominando altri Cesari e così via. L’Impero venne ripartito ulteriormente in 12 sezioni amministrative chiamate “diocesi”, amministrate da vicarii e in 101 province.
Il territorio romano venne diviso, quindi, grossolanamente in Pars Occidentalis e Pars Orientalis: gli Augusti furono Diocleziano ad Oriente e Massimiano ad Occidente mentre i Cesari rispettivamente Galerio per l’Oriente e Costanzo Cloro per l’Occidente.
Per quanto nominalmente funzionale la tetrarchia dioclezianea risultò un grosso fiasco: pur garantendo un certo periodo di pace il sistema tetrarchico ebbe il suo più grande nemico del sistema di successione. Nel 284 Diocleziano riuscì ad riformare l’apparato amministrativo imperiale ma nel 306, a quasi 20 anni dall’introduzione della tetrarchia, Costanzo Cloro morì e le truppe stanziate proclamarono Cesare il figlio Costantino, quel Costantino che ritroveremo più avanti: ha inizio la Guerra civile romana (306-324).
L’infanzia e l’ascesa di Costantino
Le principali fonti alle quali dobbiamo attenerci non sono del tutto veritiere: la principale è Eusebio di Cesarea, autore di una Storia volta a delineare con toni trionfalistici e spesso troppo positivi il giovane imperatore cristiano Costantino. Altra fonte è lo scrittore Lattanzio che confrontò quest’ultimo, pio e cristiano, con il terribile e perverso Diocleziano, persecutore di cristiani (303). Più tardi Eusebio elaborò uno scritto particolare, la Vita di Costantino.
La varie parentele di Costanzo e Costantino
Costantino I, nato Flavio Valerio Aurelio Costantino, si dice nacque il 27 febbraio 274 (le date in realtà sono incerte) a Naissus nell’attuale Serbia, roccaforte al tempo di Augusto. Figlio di Costanzo Cloro e di una concubina di nome Elena, passò gran parte della sua giovinezza presso la corte imperiale di Diocleziano. Grazie alla sua presenza alla corte riuscì a farsi un’idea riguardo al clima che aleggiava attorno al ruolo di imperatore: di madrelingua latina, ebbe sempre problemi ad esprimersi in greco per essendo la madre di origini elleniche.
Costanzo venne nominato Prefetto del pretorio delle Gallie e successivamente Cesare dall’Augusto della Pars Occidentalis Massimiano e questo permise al giovane Costantino di poter ambire ad un ruolo più illustre, pur mai dimostrando interesse verso lo stesso. Il giovane, inoltre, seguì spesso il padre nelle sue missioni come ad esempio in Britannia.
L’Impero ricade nella guerra civile
L’Impero fu sempre scosso da guerre civili e quella causata dalla morte di Costanzo Cloro nel 306 fu una delle più gravi: la Guerra civile romana (306-324) avrebbe trasformato completamente e nuovamente l’assetto di Roma, stravolgendone la struttura ed inaugurando così l’età tardo-antica.
Le truppe fedeli a Costanzo, alla sua morte, nominarono Cesare Costantino ignorando di fatto il legittimo successore ovvero Severo. Contemporaneamente Massenzio, figlio di Massimiano, si fece nominare a Roma, dai pretoriani e dal Senato, imperatore: il sistema tetrarchico stava fallendo. Nel 305, infatti, Diocleziano aveva abdicato proprio per verificare l’affidabilità della sua creazione: stessa cosa fece Massimiano.
Galerio, rimasto unico Augusto legittimo, ordinò a Severo di sedare la rivolta di Massenzio ma le sue truppe disertarono all’arrivo a Roma e il Cesare venne prima imprigionato e poi ucciso. L’Augusto Galerio progettò, quindi, una spedizione in Italia ma le truppe lo ignorarono intimorite dall’alleanza Massenzio-Massimiano: si tentarono quindi degli accordi tra le parti.
Nel mentre Costantino era di istanza nella Gallia a combattere i Franchi e si mantenne neutrale nella disputa tra Galerio e Massenzio: Massimiano, per farselo alleato, gli propose la figlia in sposa e gli offrì la carica di Augusto e Costantino accettò nello stesso anno. Le ostilità si aprirono nuovamente ma questa volta tra Massimiano e il figlio Massenzio, insofferente verso il padre e Costantino dovette accogliere presso la propria corte il fuggitivo Massimiano.
Galerio, onnipresente, propose un accordo per mantenere la tetrarchia: convocò nel 308 un convegno, alla quale presenziò anche Diocleziano, nominando come Augusto Licinio, suo commilitone, per placare le pretese di tutti i pretendenti, declassando di fatto a Cesare Costantino.
Massimiano, non contento dei risultati, tramò in segreto contro Costantino e si alleò con i Franchi per tentare di detronizzarlo, ma non vi riuscì e solo per miracolo gli venne risparmiata la vita. Ritentò nuovamente nel 310 e questa volta venne scoperto da Fausta sua figlia, moglie di Costantino e venne condannato a morte: Costantino si riprese il ruolo di Augusto con il consenso di Galerio e si apprestò a combattere Massenzio.
La fine della Guerra e la morte di Licinio
Ucciso Massimiano rimase il figlio, Massenzio, da sistemare. Costantino si alleò con Licinio mentre Massenzio con Massimino Daia, imperatore tetrarchico tra il 305 e il 313. Grazie al reclutamento di numerosi barbari riuscì a formare un grande esercitò per sconfiggere in battaglia Massenzio e così avvenne prima a Torino e poi a Verona. Il colpo di grazia, però, gli venne inferto durante la battaglia di Ponte Milvio, presso Roma, nella quale rimase ucciso (28 ottobre 312): l’Italia cadde sotto il dominio costantiniano. Divennero, così, Augusti Licinio e Costantino.
La Battaglia di Ponte Milvio nella Sala di Costantino (dipinto da Raffaello Sanzio)
Il periodo che precedette la battaglia contro Massenzio sancì l’inizio dell’apparente conversione cristiana di Costantino: sia Lattanzio sia Eusebio narrano, infatti, che la sera prima della battaglia Costantino ebbe in sogno una visione. Lattanzio afferma che la visione ordinò a Costantino di apporre sugli scudi dei suoi soldati la “croce di Cristo”, uno staurogramma, mentre Eusebio ci descrive due versioni dell’accaduto. La prima afferma che il dio cristiano aiutò effettivamente Costantino nella battaglia mentre la seconda ci narra dell’apparizione in cielo di una croce lucente con sotto scritto In hoc signo vinces ovvero “con questo segno tu vincerai”.
Sistemato Massenzio e ottenuta l’effettiva amicizia di Licinio (che uccise Massimino Daia), Costantino e quest’ultimo emanarono il famoso Editto di Milano (313) sancendo la fine definitiva delle persecuzioni contro i cristiani in Oriente e garantendo loro la libertà di culto (in realtà l’editto milanese fu un rescritto dell’Editto di Nicomedia voluto da Galerio)
Lapide commemorativa dell’Editto di Milano
Sfortunatamente i dissidi riaffiorarono e i due Augusti entrarono in conflitto: Costantino sconfisse ripetutamente Licinio ad Adrianopoli e a Crisopoli (tra il 314 e il 323) e nel 324 Licinio venne ucciso: Costantino pose fine alla Guerra civile romana che stava perdurando ormai da 18 anni rimanendo unico imperatore.
Costantino unico imperatore: amministrazione dell’Impero
Il 25 Luglio 306 Costantino venne proclamato imperatore dell’Impero dalle sue truppe e ne divenne unico solamente nel 325 dopo l’uccisione di Licinio. Questo periodo fu molto turbolento per il neo-imperatore quantomai sospettoso verso chiunque: fece uccidere il suo primogenito Crispo e sua moglie Fausta, accusati di adulterio e il primo venne colpito dalla gravissima damnatio memoriae. Questi episodi tormentarono profondamente Costantino tanto che l’imperatore Giuliano l’Apostata, un suo successore, identificherà questa e altre azioni nel suo avvicinamento verso il Cristianesimo.
Conscio di dover attuare degli ammodernamenti al sistema imperiale Costantino decise fin da subito di creare una nuova capitale, più vicina verso il vero centro di potere dell’Impero ovvero l’Oriente: sulle antiche spoglie di Bisanzio, nel 326, l’imperatore fece costruire la nuova sede imperiale, Costantinopoli. La città. inaugurata successivamente nel 330, venne adibita di un Senato (sulla falsa riga del Senato romano), vennero costruite delle imponenti mura per proteggerla e venne definita la Nova Roma.
Costantinopoli, poi ribattezzata Istanbul, nel 1576, diversi anni dopo la caduta dell’Impero bizantino
Le radicali riforme e le innovazioni
Appena divenuto imperatore Costantino si adoperò costantemente per riformare l’Impero sotto ogni punto di vista: esercito, politica estera ed interna, monetazione e religione furono i principali ambiti nei quali Costantino si impegnò in opere di serio ammodernamento. Non volle stravolgere completamente l’assetto imperiale, ma lo adattò ai nuovi tempi tanto che si ispirò a Diocleziano per quanto riguarda la suddivisione delle regioni amministrative imperiali: non c’era più gli Augusti e i Cesari e suddivise l’Impero in 4 prefetture.
Le prefetture, nominate rispettivamente d’Italia, d’Illirico, delle Gallie e d’Oriente rappresentarono le macro-regioni imperiali e furono rette dai Prefetti del pretorio, come con Diocleziano, coadiuvati da tutta una serie di ministri minori: la loro estrema importanza e prestigio vennero controbilanciati dalla breve durata del loro mandato.
La burocrazia imperiale venne snellita e venne divisa tra quella di corte e quella statale: ambedue vennero gestite da particolari ministri, alti dignitari quella di corte mentre quella statale da alti funzionari. Le cariche, quindi, aiutarono Costantino a mantenere un indiretto contatto e controllo su tutte le prefetture e le province imperiali e per questo vennero aspramente criticate secoli più tardi poichè rappresentarono perfettamente il controllo quasi maniacale che Costantino voleva avere sul suo impero: la tassazione elevata, l’esautorazione del Senato romano e una nuova assegnazione e creazione di cariche prima non esistenti crearono una grandissima confusione e accelerarono la disgregazione dell’Impero (Storia del declino e della caduta dell’impero romano di Edward Gibbon).
Il suo impero prese sempre più le caratteristiche di uno di stampo orientale, cioè di carattere divino, sicchè antiche istituzioni imperiali caddero in disuso: le varie cariche militari create da lui stesso andarono a formare una nuova nobiltà di corte totalmente asservita all’imperatore, ormai guida legislativa suprema dell’Impero.
Altra innovazione fu l’introduzione del solidus aureo e venne reintrodotto il siliqua argenteo di epoca augustea: le monete di bronzo vennero svalutate e si andò a creare un’inflazione tale che la popolazione più umile, che non aveva accesso al solidus, venne letteralmente “rovinata” da questa introduzione. Si creò, quindi, una grandissima spaccatura tra i pochi ricchi nobili, che si potevano permettere la moneta aurea e la grande massa di umili, che poteva solamente permettersi monete di bronzo, rame e forse argento.
Nel campo militare Costantino sciolse la guardia pretoriana e abolì il rango di cavaliere, cancellando di fatto gli equites singulares: nominò un generale di campo per la fanteria e uno per la cavalleria (magister peditum praesentalis e magister equitum presentalis) togliendone le redini dell’esercito ai prefetti del pretorio.
Si può dire, quindi, che Costantino riuscì a riformare l’Impero ma lo trasformò in uno Stato caratterizzato da forti divisioni interne: l’ascesa della nobiltà fu controbilanciata da un generale impoverimento delle grandi masse e questi problemi attanaglieranno l’Impero, anche bizantino, fino alla fine dei suoi tempi.
Le guerre e il problema della successione
Come per tutti gli imperatori romani è impossibile non menzionare le campagne militari che essi intrapresero.
Divenuto Cesare lui combattè e vinse i Franchi in Gallia e successivamente sbaragliò i Sarmati nel 322 e i Goti nel 323. Con Licinio sancì il limes nordico sul Danubio e conquistò poche effimere posizioni nelle pianure pannoniche e daciche. La difesa del confine venne affidato ai suoi figli che riuscirono a difenderlo ancora dai Goti nel 332 e dai Sarmati nel 335. Volle, come si può ben capire, riportare i confini imperiali fino a quelli di Traiano, persi col tempo e si promosse come promotore del Cristianesimo e cercò di convertire a forza tutti i barbari dopo averli ripetutamente sconfitti.
La discendenza di Costantino: da notare i successivi imperatori Costantino II, Costanzo II, Graziano e Giuliano l’Apostata
Mentre stava organizzando l’ennesima campagna militare, questa volta contro i Persiani-Sasanidi, egli morì nel 337 presso Nicomedia in Anatolia. Nel 335 però, onde evitare problemi tra i suoi figli, suddivise le regioni imperiali tra i suoi discendenti Costantino II, Costante e Costanzo II che però ricaddero nell’endemica lotta fratricida che segnò sempre la storia delle grandi dinastie.
La grande opera di riforma iniziata da Diocleziano e poi portata avanti da Costantino si deteriorò fatalmente: se Diocleziano decise di non introdurre la dinastia negli affari statali introducendo la tetrarchia Costantino volle indirizzare i figli verso l’amministrazione imperiale ignorando quindi gli avvisi dioclezianei e instaurando un regime prettamente dinastico.
Costantino e la questione cristiana
Costantino fu sicuramente un ottimo comandante militare e buon riformatore (pur con i suoi limiti), ma ci fu un campo in particolare grazie al quale viene ancora oggi ricordato ovvero quello religioso. La sua fama di pio cristiano, il primo vero imperatore “seguace di Gesù Cristo”, lo elevò a livelli mai raggiunti dai precedenti imperatori tanto che viene ancora oggi venerato, soprattutto dalla Chiesa ortodossa, come santo.
Costantino in un affresco nella moschea di Santa Sofia ad Istanbul
Il suo profilo è associato a diversi avvenimenti estremamente speciali per la Chiesa, come per esempio la citata “visione” prima della battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio, ma due in particolare sono essenziali per inquadrarne il “culto” da parte della Chiesa: l’Editto di Milano e la Donazione.
Partiamo da un punto: lui diventò cristiano solo dopo aver ricevuto il battesimo in punto di morte, prima rimase fedele alla religione classica romana. Nel 313 emanò l’Editto mentre era ancora pagano e le motivazioni non sono ancora oggi chiare: fu una manovra benevola verso la comunità cristiana oppure un mero tentativo politico di “accaparrarsi” i favori dei seguaci di Gesù? Coloro che scrissero di tale avvenimento si unirono in un fronte comune a favore della prima opzione mentre oggi non si è del tutto sicuri di ciò.
Nel 325 Costantino convocò il primo concilio ecumenico a Nicea, soprattutto a causa delle correnti scismatiche all’interno della cristianità (tra i quali l’arianesimo e il movimento donatista), condannando fermamente ogni movimento diverso da quello cattolico-romano e fu promotore di diversi concili.
La questione più interessante, però, riguarda la sua Donazione alla Chiesa: secondo la leggenda, infatti, dopo la battaglia di Ponte Milvio Costantino donò al papa di allora, Silvestro, il Palazzo Laterano e con esso il simbolico possesso della città di Roma. Ora, per quanto inverosimile come cosa, tale atto non è da considerarsi una pazzia: sempre secondo la leggenda Silvestro guarì Costantino dalla lebbra e per premiarlo l’imperatore gli donò il Laterano.
La questione della Donazione di Costantino venne portata avanti per centinaia di anni e la sua autorevolezza mai messa in discussione: la suddetta Donazione, infatti, risultò molto utile alla Chiesa durante il periodo delle “lotte per le investiture” contro il Sacro Romano Impero (XI-XII secolo). La Chiesa fondava il suo potere temporale quasi esclusivamente su tale documento e nessuno aveva la cultura e le conoscenze per dubitarne la veridicità: solamente nel 1440 un grande umanista, Lorenzo Valla, dimostrò la falsità della Donazione con inequivocabili prove e la questione finì lì.
Che si può dire quindi, lasciando stare la parentesi della Donazione, di Costantino? Grande generale oppure mediocre stratega? Pio cristiano oppure ambizioso doppiogiochista? Laico oppure fervente estimatore della religione di Cristo? Non è nostro compito valutarlo in questa sede e ci sono poche sicurezze riguardo i suoi confronti senza travisare il suo operato e senza ricorrere a leggende. Le uniche certezze sono che fu una figura epocale, che sancì la fine del mondo classico inaugurando un nuovo ciclo per Roma (o in questo caso Costantinopoli), una personalità forte dal carattere deciso e che si adoperò sinceramente e ferventemente per l’Impero, ormai l’ombra di quello di Augusto, ma destinato a durare ancora a lungo (soprattutto nella sua parte orientale-bizantina, proprio quella che lui favorì maggiormente).