La Scapigliatura – La rivolta contro i padri

La Scapigliatura milanese

La Scapigliatura è una corrente letteraria che si sviluppa a Milano negli anni Sessanta dell’Ottocento. Ne fanno parte scrittori e poeti molto diversi tra loro, ma accomunati da una stessa insoddisfazione per lo stato della letteratura italiana del loro tempo. Il termine deriva dal romanzo di Cletto Arrighi La scapigliatura e il 6 febbraio (1862), un’opera di poco valore, che però ha avuto il merito di individuare una nuova categoria di intellettuali italiani.

Scrive Arrighi nell’introduzione all’opera:

❝ Questa casta o classe – che sarà meglio detto – vero pandemonio del secolo; personificazione della follia che sta fuori dai manicomii; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti; – io l’ho chiamata appunto la Scapigliatura. […]

La Scapigliatura è composta da individui di ogni ceto, di ogni condizione, di ogni grado possibile della scala sociale. […]

La speranza è la sua religione; la fierezza è la sua divisa; la povertà il suo carattere essenziale. […]

Come il Mefistofele del Nipote, essa ha dunque due aspetti, la mia Scapigliatura.

Da un lato: un profilo più italiano che milanese, pieno di brio, di speranza e di amore; […]

Dall’altro lato, invece, un volto smunto, solcato, cadaverico; su cui stanno le impronte delle notti passate nello stravizzo e nel giuoco; su cui si adombra il segreto d’un dolore infinito… i sogni tentatori di una felicità inarrivabile, e le lagrime di sangue, e le tremende sfiducie, e la finale disperazione. ❞

Estratti da Cletto Arrighi – La scapigliatura e il 6 febbrajo (un dramma in famiglia). Romanzo contemporaneo (1862)

Per Arrighi dunque, gli scapigliati sono innanzitutto degli strenui oppositori  ❝a tutti gli ordini stabiliti❞. Alla radice di questa opposizione, c’è una volontà di ribellione che coinvolge ogni aspetto della realtà, senza distinzioni.

Gli scapigliati: vite marginali

Fino al XVIII secolo, poeti, letterari e filosofi erano molto pochi e per lo più provenienti da famiglie agiate. Come facevano, altrimenti, persone comuni a permettersi di dedicare la propria vita all’arte, se non avevano di che vivere? A partire dalla metà del Settecento invece, con la diffusione della stampa, gli intellettuali iniziarono a spuntare un po’ dovunque, la maggior parte dei quali però faticava a mantenersi con le sole opere. La Bohème (termini francese per “vita da zingari”) e la Scapigliatura milanese corrispondono a questa nuova classe di marginali, in guerra contro la società borghese ottocentesca.

Le idee…

Se da un alto possiamo dire che gli Scapigliati adottano lo spirito bohème parigino al contesto italiano, dall’altro si accaniscano contro l’esperienza tardo-romantica italiana, volendo distaccarsi da idee e autori a cui non credono più: la generazione precedente aveva abbandonato e tradito gli ideali del Risorgimento. Novità, cambiamento, rivoluzione: questo predicano, a questo mirano. Peccato però, che di idee originali non ce ne sono. Anche l’elemento del macabro e del bizzarro, che troviamo al centro dei loro testi, è uno strascico di quelle opere meglio elaborate tra i cui autori spiccano l’americano Edgar Allan Poe e il francese Baudelaire. Gli scapigliati si fecero portavoce di una polemica contro la società ostentata attraverso scelte di vita radicali, anarchiche e ribelli che miravano a suscitare scandalo e riprovazione. Dediti ad alcool e droghe, molti morirono suicidi o distrutti dalle sregolatezze.

…e gli autori

Tra gli esponenti più importanti, ci sono Emilio Praga, Iginio Ugo TarchettiCamillo Boito.

Praga, autore di Penombre (1864), raccolta di poesie dal linguaggio ancora legato a una retorica poetica nazionale, è lo stereotipo dello scrittore scapigliato: è una figura complessa e poliedrica, e nei suoi testi si nota una forte dipendenza dalle tematiche baudelairiane. Tarchetti è ricordato per la sua Fosca (1869), romanzo sul rapporto tra la bellezza e l’orrore sulla scia dei racconti di Poe: la forza dell’opera è data dallo scavo psicologico dei sentimenti del protagonista, diviso da due donne, Clara e Fosca. Infine Boito, con Senso (1833) capovolge tutti gli stereotipi della narrativa sentimentale: la storia d’amore tra Livia e Remigio evidenzia l’interesse puramente fisico che i due protagonisti hanno l’uno per l’altro. Remigio è un personaggio spregevole, interessato solo al proprio piacere, e Livia è sedotta proprio da questo suo atteggiamento. Una narrazione quindi, del tutto “scandalosa” per l’epoca, e che vuole apparire tale.

Importanza storica della Scapigliatura

L’esperienza della Scapigliatura costituì una fase di rottura con la tradizione di un Romanticismo di maniera, divenuto patriottico durante la prima fase romantica; gli scapigliati si sforzarono di sprovincializzare la letteratura italiana aprendola agli influssi delle letterature straniere.

Nel pensiero dell’Ottocento, la Scapigliatura appare come una sorta di crocevia intellettuale: tramite la letteratura straniera e temi letterari contribuisce a rinnovare il clima di provincialismo dalla penisola italiana. A loro si deve l’introduzione del Naturalismo.

Per un’altra analisi su questa corrente letteraria, cliccate qui.

La scapigliatura

Emilio Praga, Carlo Dossi,  e Luigi Conconi.

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