La consapevolezza: automatismo o presenza mentale

“La vita è un sonno, la morte è il risveglio.”

Lev Tolstoj

Cos’è la consapevolezza? Come mai cadiamo nella spirale di insoddisfazione? Perché veniamo etichettati come automi sociali? Beh, la motivazione non è ovvia poiché una volta entrati a far parte di un sistema, diventiamo vittime di esso e questo porta con se insoddisfazione il più delle volte, infatti notiamo questo solo quando non abbiamo più l’età o le energie.

Quello che accade a molte persone al tramonto della loro vita è stravolgente: un istante prima vedono i momenti più vivi della loro vita – solitamente l’infanzia, i vari compleanni, il primo bacio – per poi spegnersi e rendersi conto di aver vissuto circa un quarto della loro vita.

Questa componente ci spinge a comprendere che tutti i momenti che passiamo pensando al futuro o al passato, implicano l’eclissi del tempo presente: il sonno dell’anima.

Perché tutto ciò accade?

Il nostro cervello ogni giorno percorre quello che in psicologia viene chiamato schema ed inserisce automatismi impiegando le abitudini.

Esempio pratico: supponiamo il caso in cui dovessimo allacciarci le scarpe, se notiamo, non pensiamo quando eseguiamo il gesto perché lo facciamo e basta.

Da una parte non abbiamo la preoccupazione di dimenticarci di saper fare qualcosa che abbiamo imparato, ma il rovescio della medaglia è quando si cede troppo controllo a questo “Pilota automatico“: è facile finire a pensare, lavorare, mangiare, camminare o scrollare la home di Instagram senza la chiara consapevolezza di ciò che si sta facendo.

Facendo ciò, finiamo per comportarci come automi sociali che rispondono solo secondo i limiti dei propri schemi e cosa più importante: non viviamo per davvero!

Questa condizione porta ad un’insoddisfazione costante – a desideri futili che si materializzano nella nostra testa – poiché vediamo tutto attraverso un filtro.

Viene in aiuto la chiara consapevolezza, che svolge un ruolo importante come vedremo a seguire…

Presenza mentale

La consapevolezza di essere presenti ci riporta ogni volta a prendere coscienza della propria vita, si torna ad allineare le intenzioni con le azioni, si impara a smettere di sprecare il tempo e a ripercorre i vecchi schemi che ormai hanno perso ogni utilità.

Saremo in grado di cogliere la carica sensoriale di ogni occasione che si presenta, senza domandarci se è giusto o sbagliato, perché sarà perfetto così.

La curiosità, di capire sempre di più, ci direzionerà verso un cammino alla scoperta di noi stessi. Parallelamente, in termini sociali, ci sarà da parte nostra una ribellione provocata dalle persone ancora ingabbiate nei ritmi che la società impone.

Come posso infrangere questi schemi?

Per arrivare in questo stato (di consapevolezza), occorre saper “disimparare” gli schemi con l’aiuto di disabituatori: azioni non comprese nello schema che ci permettono di rompere il processo.

Esempio pratico di disabituatore: nel momento in cui facciamo ogni mattina lo stesso percorso, ci automatizziamo e finiamo per non dare importanza ai piccoli dettagli – il profumo dei fiori, la conformazione del suolo che calpestiamo, il vento che ci accarezza le parti visibili del corpo – così facendo quello che ricordiamo è uno skip temporale.

Invece, se 2 o 3 volte alla settimana prendessimo una strada differente, finiremo inevitabilmente per prestare molta più attenzione alle componenti artificiali e naturali che ci circondano.

E’ importante virare sulla strada della consapevolezza poiché man mano, vedremo assottigliare i veli che separano la realtà (effettiva) dall’immagine e/o concezione che abbiamo di essa nella nostra testa.

Il mondo sembrerà più innocuo di quello che pensavamo, poiché svilupperemo capacità di comprensione ed empatia per le piccole cose, che ci accadono quotidianamente.

Metaforicamente parlando…

… immaginate di aver vissuto su una spiaggia in età infantile ed adolescenziale – passavate il tempo a giocare, sognare, guardare tramonti, ecc.. – ad un certo punto della vostra vita avete deciso di immergervi in un lago, perché vi hanno convinto che in quel posto i vostri sogni si avvereranno, ma solo ad una condizione: bisogna rimanervi fin quando non diventeranno reali, se si esce prima potreste essere visti e/o etichettati come “pazzi“.

Allora l’entusiasmo iniziale vi spingerà a rimanere in apnea per molto, ma dopo del tempo passato a cercare negli abissi, capirete che il fiato non vi basta e che non riuscirete più a risalire a galla perché il pensiero di uscire senza aver trovato nulla vi bloccherà e non potete accettare che vi etichettino come “pazzi”.

Ci sono adesso due possibili scenari:

  • uno in cui vi rendete consapevoli che state annegando e che in quel lago c’è solo morte, perciò risalite perché capite che la vita è fuori di lì;
  • oppure uno in cui finite per diventare parte del lago con i vostri sogni e non vi rendete conto che tutto quello di cui avevate bisogno per realizzare i vostri sogni era fuori dal lago, esattamente in voi stessi, ma l’avete dato per scontato e non ci avete creduto abbastanza.

Vogliamo davvero passare una vita ad essere schiavi di noi stessi?

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