Questo lavoro è stato realizzato nel così detto “periodo aureo” dell’artista. Quest’ultimo sceglie uno sfondo dorato che annulla la profondità spaziale e crea uno spazio irreale e bidimensionale che evidenzia il momento dell’estasi amorosa.
È un’opera sensuale che rappresenta il trionfo dell’eros.
Protagonisti dell’opera sono due amanti stretti l’uno all’altro.
Klimt decide di rappresentare il momento in cui l’uomo, che ha tra le mani il volto dell’amata, si china verso lei per darle un bacio sulla guancia delicato e intenso.
La donna, inginocchiata sul prato fiorito, si lascia completamente andare all’estasi del momento chiudendo gli occhi.
I colori sono vivaci e luminosi, con l’eccezione del verde scuro e freddo del prato che esalta il contrasto con l’amore appassionato dei due giovani.
I due amanti indossano tuniche dorate decorate però differentemente. La prima, quella dell’uomo, presenta forme rettangolari erette in verticale, mentre quella della donna è caratterizzata dall’utilizzo di curve concentriche. Ciò è espressione stessa del diverso significato attribuito dall’artista ai due sessi.
Klimt attribuisce alla donna un ruolo di primaria importanza, superiore anche a quello dell’uomo, in quanto custodisce in sè stessa la vita e la bellezza.
I fiori, (rispetto agli altri quadri di Klimt), sono una presenza ricorrente e fondamentale: c’è il grande prato stracolmo di colori, la fantasia del vestito della protagonista ed inoltre, ce ne sono altri, anche tra i capelli di quest’ultima.
Il Bacio di Klimt venne realizzato con pittura ad olio mescolata con vari strati di foglie d’oro.
Le sue opere precedenti vennero etichettate al limite tra pornografia e perverso come “Giuditta I”, “Danae”, “La vergine”, ma non solo.
Al contrario, questo nuovo quadro dl Klimt pittore ebbe subito un grandissimo successo, in quanto caratterizzato da tanta sensualità che peró non sfocia mai nel volgare.
Klimt, dovendo scegliere quale momento ritrarre in questa opera, si ispirò liberamente, all’istante in cui Apollo bacia Dafne, mito narrato nelle metamorfosi di Ovidio (il quale, tra l’altro, è stato già tema dell’Apollo e Dafne Bernini)