Dopo aver accettato la Costituzione, in molti volevano la tranquillità e porre fine al processo della rivoluzione. Barnave e molti deputati dell’Assemblea volevano la fine della violenza. La Francia non sarebbe sopravvissuta alla continua provocazione polemica di club e giornali.
Non sarebbe sopravvissuta alle violenze del popolo. Era necessario difendere lo Stato dal popolo, dai complotti controrivoluzionari e dall’incursione armata.
Il 29 settembre 1791 Le Chapelier propose una legge che limitasse il potere dei club politici. Ogni raccolta firme, ogni attacco ai deputati, ogni critica alla condotta del governo sarebbero stati giudicati come atti sediziosi ed i colpevoli privati dei loro diritti politici.
Le Chapelier ringraziò il supporto dei club ma affermò che ora tutti dovevano rispettare il principio indiscusso di sovranitá del popolo. Tutti vogliono la tranquillità e la fine della Rivoluzione.
L’arringa fu interrotta dalla ben nota voce, acuta e metallica, di un omino con una parrucca arricciata ed occhiali dalla montatura di acciaio. Era Robespierre che affermò che la Rivoluzione era tutt’altro che finita.
Replicò che tale legge era in contrasto con i principi della costituzione e che essa non era ben solida. Numerosi erano i pericoli che potevano minare la sua stabilità. Quel discorso fu la parte culminante della prima fase della sua carriera, era arrivato come un semplice rappresentante dell’Arras. Ora era il leader indiscusso della sinistra rivoluzionaria.
Non aveva una vera e propria vita privata, pubblico e privato dovevano conciliarsi secondo il patriota. La vita doveva essere fatta da generoso attivismo e rispetto per principi morali. Il giacobino viveva in rue Saint-Honore, ospite del falegname Duplay. Aveva una stanza con una sedia ed una scrivania ed usciva tutte le sere per cenare. Tornava a casa e leggeva alle figlie di Duplay le opere di Rousseau e Corneille mentre sbucciava le arance di cui era particolarmente goloso.
L’altra sua casa era il club dei giacobini, si sentiva al sicuro ed entrava con grande familiarità. Si sedeva ai margini dello stanzone , accavallava le gambe su una sedia ed interveniva nei discorsi che riteneva interessanti.
Nonostante la sua arringa, il 31 ottobre fu l’ultimo giorno della Costituente che si trasformò in Legislativa e si insediò nella sala del Maneggio. I deputati arrivarono a Parigi dopo che solo il 10% della popolazione avente diritto al voto li scelse. Iniziano subito le discussioni alle prime sedute, Brissot avanzava proposte repubblicane in opposizione ai moderati capitanati da Barnave.
Due erano le questioni dominanti, il primo era i preti che ancora non avevano giurato sulla Costituzione civile. Venne sospeso il loro stipendio ed il 29 novembre l’Assemblea scelse che se non avessero giurato sarebbero stati considerati cospiratori.
La seconda questione era quella degli emigrati sospetti. Entro il 1 gennaio se non avessero abbandonato quelli che erano considerati campi armati, venivano accusati di cospirazione ed i loro beni sequestrati.
L’Assemblea votò anche per una legge che imponeva il ritorno dei principi della Casa reale. Barnave consigliò al re di non cedere a queste richieste e di usare il diritto di veto. Doveva però affermare che invitava i principi a tornare e non avrebbe tollerato incursioni militari.
Il 14 dicembre Luigi eseguì i consigli di Barnave, tuttavia stava avanzando in modo segreto una sua idea. Luigi voleva la guerra con i sovrani stranieri: in caso di vittoria riacquistava fiducia, in caso di sconfitta veniva rimesso al trono.
I francesi preoccupati dalle loro azioni, temevano una possibile reazione delle potenze straniere che osservavano con attenzione la situazione francese. Non volevano che essa sfociasse in violenza verso i reali. Inoltre, l’imperatore austriaco era il fratello di Maria Antonietta.
A dicembre il re nominò ministro della Guerra il conte Narbonne ed inviò Talleyrand a Londra per assicurarsi la neutralità inglese in un conflitto. In questo clima teso, avanzato dalla paura di attacchi dell’Austria preoccupata dalle vicende rivoluzionarie, tutti si prepararono ad un’eventuale guerra. A fine Agosto, l’imperatore austriaco Leopoldo II incontrò quello prussiano a Pillnitz, in Sassonia.
La dichiarazione che uscì dall’incontro era ben chiara. I sovrani esprimevano la paura per l’incolumità della famiglia reale e la loro riluttanza ad aderire ad appelli di guerra. La dichiarazione di Pillnitz sollecitava il ristabilimento della piena libertà del sovrano ed in casi estremi le potenze potevano concertare un’azione comune.
Il carattere del documento era preventivo più che aggressivo ma i francesi lo additarono di essere una vera dichiarazione di guerra. Molti deputati dell’Assemblea erano a favore della guerra,Robespierre era contro ad essa: era sicuro che potesse aiutare il re alla restaurazione.
Il 25 gennaio 1792, la Legislativa emanò una nota da trasmettere a Vienna che equivaleva ad un ultimatum. Il 27 la replica austriaca fu decisa: volevano la restituzione dei feudi tedeschi, la liberazione della famiglia reale e Avignone sotto il controllo papale.
Il 1 marzo l’imperatore austriaco morì mentre in Francia ci fu un cambio dei ministri, a Vienna ciò apparve come una dichiarazione di Guerra. Furono mobilitati i primi armamenti, il 10 aprile Luigi XVI lesse all’Assemblea la dichiarazione ufficiale di guerra.
A La Fayette fu affidato il fronte centrale, a Lucker il confine alsaziano ed a Rochambeau la frontiera con Belgio. Tuttavia il popolo vide come traditori alcuni generali, fu il caso di Dillon che dopo la sconfitta a Tournai il popolo uccise accusandolo di tradimento. La Fayette chiese il ristabilimento dell’ordine ma la situazione non migliorò, intanto nessuno scontro decisivo avvenne al fronte e non ci furono grandi novità.
A Parigi il re sciolse il ministero di uomini proposti da Brissot e ciò causò una violenta insurrezione. Il 20 giugno una manifestazione corposa arrivò alle Tuileries, la massa si accalcò intorno al perimetro dell’edificio. Esso non era protetto da un cospicuo numero di uomini e la folla entrò al suo interno, arrivando al contatto con il re.
La folla urlò in faccia al sovrano ed il solo arrivo di Petion, sindaco di Parigi, calmò la folla. La situazione ormai stava precipitando, l’Assemblea perdeva ogni giorno il suo potere e non garantiva nè la sicurezza nè la stabilità delle leggi emanate.
La Fayette chiese di applicare le leggi per fermare i club politici e la stampa ma soprattutto di attaccare la popolazione violenta. L’Assemblea rifiutò ed il marchese tornò al fronte.
Alcuni esponenti dei club ed alcuni giornalisti come Danton e Desmoulins volevano organizzare una folla armata in grado di infliggere il colpo decisivo e prendere il potere. Il 10 agosto la folla arrivò alle Tuileries. Il re si rifugiò nella sede dell’Assemblea mentre il popolo inseguì ed uccise violentemente le guardie svizzere, ne furono uccise oltre 600. Il 10 agosto fu l’inizio della parte più violenta e crudele della Rivoluzione!