”In ciò che sembriamo veniamo giudicati da tutti; in ciò che siamo da nessuno.”
-Friedrich Schiller.
Appannata dai giudizi creati oppure indotti dalla massa, la gente si limita tantissimo davanti alle opportunità che si presentano.
Oggi appariamo al posto di “essere”, ergo mostriamo un’immagine costruita di noi e giudicabile da vari punti di vista. Perchè c’è la tendenza a giudicare? Cosa sono i (pre)giudizi? Chi realmente può giudicarci?
Da cosa nascono i giudizi?
Filosofi, poeti e artisti hanno colto la “root” del giudizio: una mentalità chiusa – con filtri sociali – oppure la paura di inoltrarsi in qualcosa per scoprire cosa ci sia dietro.
Solitamente si giudica ciò che non è conforme alla realtà che interpretiamo, ergo ciò che ci sembra “strano”, attribuendo dei giudizi che non trovano corrispondenza nel soggetto in questione da un punto di vista oggettivo.
Il giudizio non conosce un limite, infatti oltre alle persone, è incluso principalmente in qualunque cosa che non si conosce a fondo, poiché il modo in cui la gente percepisce ed interpreta quello che vede e sente è sempre soggettivo.
Infatti, sin da piccoli siamo stati abituati a darci/dare risposte immediate a quello che vediamo, poiché richiede più tempo porci le domande “giuste”.
Tante volte giudichiamo come si è vestita una persona, come si comporta e persino come agisce in termini emotivi e psichici proprio perchè lo fa la gente che ci circonda, ma è raro che qualcuno dubiti sul proprio pensiero.
La cosa strana è che sia diventato così naturale farlo, al punto che non si ha la consapevolezza di ciò.
La ricerca di Cialdini
Cialdini nel suo libro parla del principio di “Ignoranza collettiva”, dove spiega il motivo per cui le persone, prese in massa, agiscono senza farsi domande su quello che pensano poiché se il pensiero viene appoggiato dalla massa allora è “giusto”.
Questa ricerca dimostra che tutto ciò che appaga l’aspetto sociale è ben visto – vestirsi con capi di abbigliamento costosi (poiché di marca), avere come scopo guadagnare più soldi possibile, ecc…
Insomma seguire gli schemi di una società che punta ad apparire nel migliore dei modi – mentre la gente che prende strade “incerte” o che insegue la propria felicità, all’inizio del percorso viene giudicata.
In conclusione, Cialdini ci fornisce una dimostrazione che l’atteggiamento che adottiamo viene influenzato dalla gente che ci sta intorno.
I social network non aiutano
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”
– Umberto Eco.
Da un punto di vista sociale, la gente è persuasa dalla potenza dei social.
Infatti, come già citato in un precedente articolo, il fatto che la gente possa giudicare le foto o le stories di una persona non è completamente negativo, ma dipende con quale fine lo fa.
Per esempio, se il fine è di soddisfare il proprio ego, allora si finirà in una spirale di felicità momentanea, che porterà solo ad alimentare un circolo vizioso di negatività.
E’ diverso invece se lo scopo è di condividere qualcosa che genera emozioni “belle”, curiosità e fa nascere in modo spontaneo riflessione su un possibili questioni.
Poiché i social ci danno la possibilità di attribuire un giudizio a qualcuno, sarà spontaneo allora, partire con un pregiudizio quando incroceremo la sua strada.
Il giudice interiore
L’unica persona che possiamo giudicare siamo noi stessi, poiché dovremmo (in teoria) essere la persona che conosciamo meglio.
Molto spesso non lo facciamo perché permettiamo al “giudice interiore“ di prendere il controllo di ciò che diciamo, senza pensarci due volte se sia la scelta giusta.
Il giudice interiore prende il sopravvento poiché non conosciamo abbastanza noi stessi.
Il fattore che non ci permette di maturare una consapevolezza per eliminare i pregiudizi è legato all’inesistenza di un percorso di crescita personale oppure a una mentalità chiusa.
Ciò ci catapulta a non essere consapevoli di quello che ci gira in testa o quello che le emozioni mascherano e quindi finiamo per proiettare tutto all’esterno.
L’unico modo per abolire i giudizi è impegnarsi a conoscere meglio le cose o qualcuno, che sia un estraneo, un amico o noi stessi.