‘Il Buco’ è un’ultima uscita di Netflix, un film di genere con un messaggio ben preciso che mescola fantascienza, horror e thriller. Si tratta di un disegno perfetto della condizione umana (e sociale) planetaria attuale. Un film in cui sono ben riconoscibili sia la natura umana, che diverse tendenze politiche.
Trama
‘Il Buco’ è una sorta di prigione in un futuro o realtà distopica organizzata in livelli di celle disposte verticalmente e con un buco centrale in comune. In ogni cella vivono solo due detenuti e una singola piattaforma piena di cibo passa ogni giorno da cima a fondo per consentire ai prigionieri di mangiare a turno. Il livello sottostante può mangiare (solo per un breve periodo) il cibo lasciato dai detenuti del livello superiore, e così via.
Goreng (Ivan Massagué) sceglie di entrare in questa strana costruzione per ottenere un attestato di permanenza (di cui si ignora l’utilità), abbandonare l’abitudine al fumo e avere il tempo di leggere Don Chisciotte. Quando Goreng si sveglia nella sua cella e il suo compagno Trimagasi inizia a dirgli come funziona il foro, si rende conto che quel posto non è esattamente come lo immaginava.
La struttura della prigione
Non bisogna dimenticare che ogni elemento di questo film assume un significato profondamente allegorico. Primo tra tutti, la struttura verticale della prigione. Si può facilmente dedurre che la disposizione verticale delle celle indichi la ripartizione gerarchica delle classi sociali odierne. Tale disposizione ricorda molto la conformazione dell’Inferno dantesco: c’è un piano zero in cui si cucinano i piatti preferiti dei detenuti da cuochi regolati da un uomo che supervisiona il tutto (paragonabile alla figura di Dio); ci sono 333 piani, e più si scende di livello, più i detenuti diventano depravati, uccisi dalla necessità della fame e della sopravvivenza. Inoltre, la verticalità della prigione lascia emergere un ulteriore dato significativo: chi sta ai livelli superiori non si cura di chi si trova sotto di lui e mangia più di quanto è necessario. E chi rimane ai piani inferiori, ne subisce le conseguenze.
Gli oggetti
Ogni detenuto può portare con sé solo un oggetto, che anche in questo caso assume un significato metaforico: Trimagasi porta con sé un coltello, un coltello che più si usa, più diventa affilato; Goreng porta con sé un libro. Presumibilmente, il coltello indistruttibile sta a rappresentare la forza, il libro l’istruzione. Difatti, l’obiettivo di Goreng è quello di combattere il sistema senza l’uso della forza ma con quello dell’educazione. La lotta contro il sistema per Goreng dovrebbe fondarsi su gesti di solidarietà, ogni livello dovrebbe mangiare solo quanto necessario, per permettere a tutti di godere degli stessi privilegi.
La morale che diventa tirannia
Tuttavia Goreng, per potersi far valere sugli altri detenuti ricorre al mezzo della forza. Diventa una sorta di tiranno, usa la violenza, uccide per imporre la propria idea, che è tendente ad un bene di ordine superiore. La morale di Goreng viene uccisa dal suo stesso profeta.
La panna cotta è il messaggio
La morale del film consiste nella bambina che si trova nell’ultimo livello, allegoria dell’innocenza e delle future generazioni. L’uomo adulto odierno è colmo dell’immensa cattiveria della società attuale e l’unica possibilità di rivoluzione risiede nei bambini, esseri innocenti e vergini delle esperienze nocive del mondo di oggi.
Un film più attuale che mai riesce a riassumere l’essenza umana con le sue controversie, che può scuotere le coscienze di molti. Altamente consigliato.