E’ considerata da sempre la “madre” di tutte le competizioni di corsa, la più simbolica, nonchè la più difficile, ma anche la più antica. La maratona è la gara di corsa per eccellenza, la cui nascita risale a più di un secolo fa.
Le origini
La maratona è stata introdotta nel programma delle olimpiadi moderne già dalla prima edizione del 1896. De Coubertin, padre fondatore dei moderni giochi olimpici, approva l’idea della maratona, per il suo valore simbolico. Essa rappresentava infatti l’impresa di Filippide, che nel 490 a.C. corse da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria sull’impero persiano. La distanza da percorrere subisce diverse modifiche nei primi anni: inizialmente la distanza da coprire era di 40 km, ma in seguito viene standardizzata a 42,195 km dalla federazione internazionale di atletica leggera nel 1921 e introdotta ufficialmente poi dalle olimpiadi francesi del 1924.
Le caratteristiche della gara
“La maratona si corre 30 km con le gambe, 10 con la testa, 2 con il cuore. E gli ultimi 195 metri con le lacrime agli occhi”. Basterebbe la definizione di Andrea Capobianco per capire quanto difficile sia questa corsa. Diversi allenatori ed atleti individuano un punto chiave all’interno del percorso: il chilometro 32. Viene definito come “il muro”, e rappresenta il limite fisiologico e biologico entro il quale si esaurisce la massima quantità di glicogeno che un atleta può avere a disposizione nel proprio fisico prima dell’inizio di una competizione. In questo tipo di competizione il glicogeno è il principale substrato che i muscoli utilizzano per produrre ATP ed è facilmente reperibile dall’organismo ma è in quantità limitata. Per superare questo “limite” di 32° km, gli allenatori tendono ad ottimizzare l’impiego del glicogeno e quello dei lipidi (disponibili in maggiori quantità ma di più difficile reperibilità). Questo tipo di allenamento è importante per evitare che l’organismo utilizzi tutto il glicogeno disponibile nei primi 32 chilometri, preservandone delle quantità per gli ultimi chilometri della gara.
La preparazione
L’allenamento in preparazione di questa gara è molto lungo (circa 5-6 mesi), poichè richiede un grandissimo sforzo fisico e i dolori post-gara possono protrarsi fino ad una settimana. L’allenamento più utilizzato è quello della corsa su lunghe distanze, partendo da tragitti relativamente brevi per arrivare ai 35-40 km percorsi in un’unica seduta. Solitamente l’aumento di distanza si compie quando l’atleta riesce a percorrere la distanza prevista con una buona autonomia; allungare il percorso quando il maratoneta non è ancora in grado di correre ottimamente la distanza precedente può invece portare a tempi di recupero più lunghi, che influenzerebbero l’intero percorso di preparazione alla competizione. Nelle settimane precedenti la competizione, poichè gran parte del lavoro di adattamento alla distanza da percorrere è stato svolto, si diminuiscono i carichi di lavoro e si aumentano i giorni di riposo, per consentire all’atleta di arrivare in condizioni ottimali alla gara.
I grandi maratoneti
Nel corso della storia, sono stati diversi i grandi interpreti di questa disciplina. Il primo da citare è senza dubbio Abele Bikila. Atleta etiope degli anni ’60, Bikila è stato il primo grande maratoneta a far parlare di sè grazie alle due medaglie olimpiche, una a Roma 1960, dove vinse la gara di maratona correndo senza scarpe per scelta tecnica, e l’altra quattro anni dopo, nel 1964, ai giochi olimpici di Tokyo. Guardando all’Italia, non si può non menzionare Stefano Baldini e la sua storica medaglia d’oro ad Atene 2004. In questa edizione, il maratoneta italiano recuperò negli ultimi dieci chilometri il distacco che Vanderlei de Lima aveva accumulato in tutta la gara, ed ottenne un successo storico per l’atletica italiana.