Nel tardo pomeriggio di domenica ho avuto la fortuna di assistere, presso la Sala Romateatri, ad una rappresentazione che, con un curioso accostamento di tedesco ed inglese, si intitola Willkommen… in Wonderland. Sebbene personalmente non abbia ben capito se questo multilinguismo abbia valore diegetico o miri esclusivamente a creare un effetto di pastiche, poco importa: e anzi, ho voluto fare questo appunto in apertura, anche per non essere tacciato di favoritismo. Difatti l’autore dell’opera è il mio amico personale Tiberio Ettore Muccitelli, giovane e promettente allievo dell’Accademia d’Arte Drammatica del Lazio diretta da Fabio d’Avino, il quale ha diretto, e scritto insieme al suo erede, anche questo spettacolo.
Recensire opere teatrali esula dalle mie competenze e, devo ammetterlo, anche dai miei interessi. Tuttavia non potevo esimermi dal parlarvi di questo spettacolo, avendolo trovato estremamente piacevole. Dunque rispolvererò quel po’ di competenze acquisite con un esame fatto in triennale, e cercherò di dirvi qualcosa a riguardo: spero di esserne all’altezza.
Senza dubbio all’altezza si è rivelato Tiberio che, nonostante la lunga frequentazione e la stima già esistente nei suoi confronti, è stato capace di spiazzare le mie aspettative. Non nego che da lui mi sarei aspettato qualcosa di più introspettivo e filosofico; solo che, soprattutto quando si è alle prime armi, si rischia in questi casi di scadere nel retorico e nel barboso: proprio ciò che io temevo recandomi alla rappresentazione. Tiberio invece aggira abilmente questi pericoli intessendo il proprio dramma a mo’ di frame-story, brevi scene di raccordo fra materiale di repertorio: appartenente, precisamente, al ben rodato repertorio del Maestro Fabio d’Avino. Va da sé dunque che lo spettacolo sia risultato, da un punto di vista registico, al limite della perfezione: tempi comici, movimenti, tono, tutto magnificamente orchestrato.
Tiberio, vero e proprio braccio destro del Maestro, ha dimostrato di averne saputo assorbire molto bene la lezione, risultando più che adeguato sotto il profilo attoriale: difatti, oltre ad esserne produttore e co-autore, è stato anche protagonista dello spettacolo.
Tuttavia la vera sorpresa per me è stata la protagonista femminile, ovvero Dalia Di Vezza. L’ho vista recitare per la prima volta in questa occasione, e l’ho trovata veramente molto brava, in grado di passare con disinvoltura attraverso diversi registri, senza particolari sbavature o cali di tensione, anzi con alcuni notevoli guizzi. E non è stata da meno neanche nel canto.
All’altezza degli altri due attori è stato Gianluca Lombardi (anche lui come Tiberio e Dalia allievo diplomato dell’Accademia), la cui recitazione mi è sembrata del tutto naturale e completamente adatta alla circostanza. È stato un privilegio assistere ad una performance così ispirata. E soprattutto, mi ha dato l’impressione di essere una persona perfettamente in grado di accettare critiche negative, anche qualora provenissero da persone non di spicco nel settore, ma comunque con una base critica sufficiente per poter azzardare un giudizio.
La scenografia rappresentante, di base, il camerino di un attore, presentava la necessità di doversi adattare alla varietà degli spezzoni messi in scena. E sono lieto di poter dire che si è rivelato adeguato al difficile compito: merito che va riconosciuto a colei che ha firmato la scenografia, Loreta Carnevale, e a Gianluca Lombardi e Tiberio Ettore per l’occhio critico e sapiente nell’utilizzare in modo pertinente elementi scenici prestati dai gentili gestori del teatro, ricreando sulla scena la scenografia proposta dal regista al debutto, in uno spazio completamente diverso. A Loreta si deve anche il trucco che, almeno nel caso del protagonista (andato in scena nei panni del Cappellaio Matto), immagino sia stato tutt’altro che semplice.
Molto suggestiva l’illuminazione, tendente al rossiccio, e in grado di donare all’insieme un sapore onirico. Responsabilità di Giovanni Scalingi, ottimo attore e promettente regista, che per l’occasione si è messo in gioco scegliendo di svolgere la mansione più “umile” – ma non per questo disprezzabile – di tecnico video e luci. Anche se mi viene detto che si è limitato a ricreare il disegno luci realizzato in precedenza dal regista d’Avino. Merito comunque non trascurabile.
Infine va menzionato anche il tecnico del suono Leonardo Caione: non saprei cosa dire su di lui, ma se ho sentito tutto senza problemi di acustica, immagino il merito sia stato in parte anche suo e perciò lo ringrazio.
Ma ringrazio soprattutto Tiberio Ettore Muccitelli per avermi invitato a questo spettacolo davvero piacevole e molto ben scritto!
Non avendo il tempo materiale per commentare le sue “cappellate” sull’ottimo spettacolo teatrale, quindi mi limiterò dicendo solamente che se fossi stato uno dei membri del cast mi sarei offeso. Le consiglio, se vuole farlo, di migliorare all’interno di una scuola… mi dispiace ma non si è dimostrato all’altezza, però si può migliorare
Caro Fenfir,
innanzitutto la ringrazio per il riscontro dato al mio articolo, poiché questi sono sempre molto graditi.
Immagino lei non conosca il mondo dello spettacolo, poiché un attore professionista deve vedersela quotidianamente con recensioni ben più negativa della mia, e se dovesse offendersi per ognuna di esse non potrebbe svolgere questa attività a livello professionale. Inoltre “offendersi”, a mio avviso, non è il verbo giusto, poiché presuppone un insulto personale, mentre invece qui si tratta di giudizi che riguardano esclusivamente la sfera artistica.
Se il suo consiglio di migliorare all’interno di una scuola si riferisce all’ambito teatrale, trovo il consiglio poco centrato, e comunque esulerebbe dai miei interessi. Se si riferisce ad una scuola di scrittura, posso dirle per esperienza che servono fino a un certo punto per migliorare la propria scrittura. Ma comunque ci sto lavorando, e cerco di migliorare giorno per giorno.
Francesco Antonio Grilli
Mi fa piacere che lei giorno dopo giorno migliorerà e lo spero perché ricordi che noi saremo gli uomini di domani. Secondo me quello che la frega sono le parole, per alcune messe a caso o non aderenti al contesto, può anche essere la visione della “rappresentazione”, come dice lei, che non è a 360 gradi e, infine, sia più preciso nelle critiche future. Tutto qui.
Sul fatto della sua critica, non so se ne ha fatte altre, ma questa non mi ha soddisfatto. E per “migliorare” intendevo per recensire, perché per recensire qualcosa bisogna avere una base di fondo su tutto quello che si può recensire. Mi auguro per lei che migliori e che abbia consapevolezza di migliorare, il mio era un commentoper farla riflettere, spero che sia stato chiaro.