Augusto fu il primo imperatore romano membro della dinastia Giulio-Claudia e ideatore della trasformazione di Roma da repubblica a impero. Grazie alla sua sapiente amministrazione, alla sua forte personalità e al suo pragmatismo riuscì a risollevare la Repubblica Romana traviata dalle guerre civili e a trasformarla in un impero che spaziava dal Marocco alla Palestina, dal fiume Reno nel centro Europa alla Libia.
Infanzia e vita di Ottaviano prima dell’adozione da parte di Cesare
Gaio Ottaviano nacque a Roma nel 63 a.C., figlio di Gaio Ottavio, ricco uomo della gens Octavia (originaria di Velletri) e homo novus (ovvero membro di una famiglia che non aveva mai ricoperto una carica pubblica) e di Azia Maggiore, quest’ultima imparentata con Gaio Giulio Cesare in quanto sua nipote.
All’età di quattro anni perse il padre che stava per ottenere il consolato nel 59 a.C. e a dodici anni pronunciò la laudatio funebris (orazione funebre) per sua nonna Giulia, sorella di Giulio Cesare.
Lo storico Svetonio ci racconta di un episodio narrandoci di come a Cicerone fosse venuto in sogno un ragazzo dai lineamenti nobili dai capelli biondi, che scendeva dal cielo accompagnato da una catena d’oro: questo fanciullo, poi, si sarebbe fermato davanti al Campidoglio dove Giove in persona gli avrebbe consegnato una frusta. Successivamente Cicerone, vedendo Ottaviano vicino a Giulio Cesare, indicò il giovane Gaio come il fanciullo che gli apparse in sogno.
A soli sedici anni ottenne la “toga virile”, simbolo della maggiore età e ricevette diverse ricompense militari in Africa. Sfortunatamente il giovane Ottaviano dovette affrontare un altro lutto, questa volta dal sapore agrodolce: la morte dello zio Giulio Cesare.
Durante le idi di Marzo (15 Marzo 44 a.C.) Giulio Cesare venne assassinato da Bruto, Cassio e una numerosa schiera di senatori proprio mentre stava per assumere i poteri dittatoriali e Ottaviano, con suo sommo stupore, seppe di essere stato adottato dal dittatore romano proprio prima della morte di quest’ultimo: divenne, quindi, suo figlio ed erede effettivo, ottenendo i suoi beni, anche il gentilizio e il cognomen: d’ora in poi si chiamerà Gaio Giulio Cesare Ottaviano, ma non ancora Augusto.
Ascesa al potere e il secondo triumvirato
La situazione a Roma era molto tesa: i cesaricidi erano già scappati, Marco Antonio stava spadroneggiando in giro per la Repubblica, il Senato era palesemente in difficoltà per il post-Cesare e il giovane Ottaviano non aveva più un mentore. Fu da questo preciso momento che le grandi capacità del “figlio” di Cesare iniziarono a venire a galla.
Ottaviano ottenne l’appoggio dei senatori avversi a suo “padre” e dei suoi vecchi alleati per poter combattere Marco Antonio. Il Senato, invece, credeva che un giovincello come lui fosse facilmente manipolabile al contrario di un esperto navigato come Antonio. La battaglia tra i due comtendenti si svolse a Modena e vide vincitore il giovane Augusto. Dopo la vittoria questi si liberò dall’artificiosa alleanza senatoria e ottenne, con le armi, il suo primo consolato.
Sussisteva, però, la questione dei cesaricidi: conscio di non poterli sconfiggere da solo si accordò con il neo-sconfitto Marco Antonio e, in una battaglia campale a Filippi (42 a.C.), in Macedonia, li sconfisse aumentando vertiginosamente il suo prestigio all’interno della Repubblica.
Contemporaneamente alla battaglia di Filippi Ottaviano costituì assieme ad Antonio e a Marco Emilio Lepido il “secondo triumvirato”(43 a.C.) e divise i territori della Repubblica in modo equo tra i tre firmatari: ad Ottaviano andò l’Italia, la Spagna Citeriore ed Ulteriore, a Lepido l’Africa e a Marco Antonio l’Oriente (e con esso l’Egitto).
Le guerre civili di Ottaviano e il soggiorno alessandrino di Marco Antonio: primi attriti
Mentre Marco Antonio stava soggiornando presso Cleopatra Ottaviano dovette affrontare due pericolosi individui: Sesto Pompeo e Lucio Antonio.
Lucio Antonio fu il fratello del triumviro Marco Antonio e provocò una sommossa all’interno della penisola italica formata da Italici scontenti della dominazione romana, ma Ottaviano lo sconfisse quasi subito a Perugia (40 a.C.). Questione più complicata fu quella relativa a Sesto Pompeo, figlio di Gneo Pompeo, che stava facendo scorribande in tutto il Mediterraneo compreso tra la Sicilia, la Sardegna e la Spagna. Il triumviro inviò Marco Agrippa, suo amico e generale, che sconfisse Sesto a Nauloco vicino l’odierna Milazzo (36 a.C) mettendo fine alla rimanente opposizione pompeiana in Senato.
La fine del secondo triumvirato, la guerra civile e l’inizio dell’Impero romano
Poco dopo aver riconfermato la solidità del triumvirato a Brindisi (40 a.C.) i rapporti tra i triumviri si incrinarono: Lepido venne quasi totalmente estromesso dalla scena politica e di conseguenza i veri padroni della Repubblica rimasero Ottaviano e Marco Antonio al quale, quasi sicuramente per controllarlo, venne data in sposa la sorella di Ottaviano, Ottavia.
Marco Antonio stava soggiornando presso Cleopatra, l’attuale regina d’Egitto e la situazione non fu particolarmente ben vista né dal Senato romano né da Ottaviano: secondo loro, infatti, Antonio stava assumendo sempre più le caratteristiche del classico despota orientale e a prova di ciò quest’ultimo ripudiò Ottavia e sposò Cleopatra. Questa azione, assieme alla designazione quali suoi successori Cleopatra stessa e i suoi figli in caso di morte, furono le cause della nuova guerra civile che gettò la Repubblica nello scompiglio più totale.
Pur essendo in minoranza, con una minore esperienza sul campo e una preparazione minore Ottaviano sconfisse dopo ben tredici anni di guerra civile (44-31 a.C), presso Azio sulla costa occidentale della Grecia, l’esercito formato dai contingenti di Marco Antonio e Cleopatra che si suicideranno da lì a breve.
La Repubblica venne conseguentemente riorganizzata: non c’erano più due consoli al potere, o un re o una qualsiasi persona, ma c’era il princeps.
Ottaviano sapeva benissimo che l’idea di una sola persona al comando non era ben vista dal popolo romano poichè tale situazione ricordava i vecchi nefasti tempi della monarchia di Tarquinio il Superbo, ricordo indelebile nella storia romana: per questo si fece nominare princeps (27 a.C.) dal Senato e attuò una serie di riforme atte a trasformare la vecchia Repubblica in un organismo nuovo e anche personale ovvero in un Principato.
Ottaviano diventa Augusto: riforme e nuove caratteristiche dell’Impero
Questa prima parte dell’Impero romano venne definita “Principato” poichè, anche se il potere era detenuto effettivamente da una sola persona, le istituzioni repubblicane non vennero scardinate o esautorate del tutto ma trasformate e adattate al volere del princeps.
Come prima azione Ottaviano chiuse il tempio di Giano, le quali porte si aprivano sempre in tempo di guerra civile, sancendo di fatto la fine delle continue guerre intestine. Ottenne la potestà tribunicia, gli vennero attribuiti i titoli di imperator e di pater patriae e ricevette l’appellativo onorifico di Augustus (27 a.C.) ovvero degno di onore e venerazione.
Augusto seppe riorganizzare in modo pragmatico vari aspetti del sistema politico repubblicano: l’imperatore credeva, infatti, che la struttura politica su cui si sarebbe dovuto appoggiare il suo Principato avrebbe avuto bisogno di un rinnovamento.
L’imperatore esautorò quasi totalmente il Senato dalle sue funzioni e assegnò incarichi amministrativi a persone sue sottoposte, favorì l’ascesa della classe equestre e decise di curare personalmente le vie, gli acquedotti e la supervisione delle entrate statali: oltre a ciò creò il fisco imperiale, divise l’Impero in province senatorie e imperiali, favorì l’edilizia in tutto il territorio romano e ravvivò il culto della religione tradizionale. Divise l’Italia in 11 province, fondò 28 nuove colonie e combattè il malcostume con una serie di riforme atte a preservare il matrimonio tradizionale romano e i comportamenti delle coppie.
Le province periferiche dell’Impero furono, però, le questioni più spinose: i barbari a Nord stavano spingendo verso l’Italia, i limes orientali erano minacciati dai Parti e diverse popolazioni interne all’Impero erano in subbuglio. Augusto prese personalmente le redini di queste situazioni mandando Marco Quintilio Varo in Germania, Agrippa in Oriente e Tiberio, suo figlio, in Dalmazia e in Pannonia.
La morte di Augusto e la successione “infelice”
Come detto sopra Augusto mandò i suoi uomini più fidati agli estremi dell’Impero per sedare le rivolte: Agrippa ottenne ottimi risultati in Oriente (riportò a Roma le insegne perse da Crasso contro i Parti nel 53 a.C.) e Tiberio sedò le rivolte dalmate e pannoniche: l’unica grande e cocente disfatta si ebbe a Nord con Varo che perse la vita nella disfatta di Teutoburgo del 9 d.C.
Nel 9 d.C. Augusto compì 72 anni e, poichè non era più il giovincello descritto da Cicerone, iniziò a soffermarsi sulla sua successione. Ebbe tre mogli: Clodia, Scribonia (dalla quale ebbe la primogenita Giulia) e Livia Drusilla, discendente della potente gens Giulio-Claudia. Livia, donna dal carattere deciso, era al tempo incinta di Tiberio e si vide costretta a sposare Augusto per meri scopi politici (la famiglia Giulio-Claudia era una gens molto influente all’interno del Senato e Augusto aveva sicuramente bisogno del loro supporto per mantenere il potere). Nonostante questo “matrimonio di convenienza” la coppia rimase sposata per 51 anni e Tiberio, pur non essendo figlio di Augusto, venne adottato da quest’ultimo come suo possibile erede (4 d.C.).
La successione al trono imperiale fu molto travagliata: la figlia di Augusto, Giulia, andò in sposa prima al nipote di lui, Marcello e poi ad Agrippa: dal primo matrimonio non ebbe figli mentre dal secondo ebbe Gaio e Lucio Cesare. I principali candidati per l’eredità di Augusto furono, quindi, Marcello, Gaio, Lucio Cesare e successivamente Tiberio.
Marcello morì nel 23 a.C. mentre Gaio e Lucio Cesare morirono rispettivamente nel 4 e nel 2 d.C.: rimaneva solamente Tiberio che, per volere di Augusto, sposò Giulia.
Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto morì nel 14 d.C. a Nola, in Campania, proprio nello stesso edificio nel quale morì, 73 anni prima, suo padre Gaio Ottavio.
Ci lascia così un grandissimo personaggio storico, abile riformatore, generale astuto e ottimo legislatore: fu innovatore e rinnovatore, conquistatore e anche ottimo scrittore, puro ed elegante.