Anna Anderson, la falsa principessa Anastasia

Morirà nel 1984, a 87 anni, con la convinzione di essere la principessa Anastasia. Ecco la storia di Anna Anderson, la donna che visse con la certezza di essere l’unica superstite della fine dei Romanov.

È il 17 febbraio 1920, esattamente 100 anni fa. Berlino: su un ponte del Landwehrkanal, canale parallelo al fiume Sprea, si agita l’ombra di una giovane donna. La ragazza è in chiaro stato confusionale e minaccia di buttarsi di sotto. Quando alcuni agenti ne bloccano l’esuberanza, la giovane strepita, rifiuta di dire il suo nome e le ragioni per le quali si trova su quel ponte, perciò gli uomini sono costretti a portarla in un ospedale psichiatrico. Fin qui nulla di nuovo sotto il sole a parte forse alcune cicatrici che i medici della struttura le notano sul corpo ma che, chiaramente, la giovane ragazza senza nome non sa motivare.

La scoperta

Passano i mesi e gli anni e l’episodio si perde nel vortice della cronaca. Siamo nel 1922 e dall’ospedale, improvvisamente, la ragazza apre bocca. E lo fa per dire qualcosa di sconvolgente: lei è la granduchessa Anastasia la quarta dei cinque figli dell’ultimo zar di tutte le Russie Nicola II Romanov. Sostiene che non è morta nell’eccidio reale del 17 luglio 1918 a Ekaterinburg come tutti credono, ma che si è salvata dalla furia bolscevica.

Una tesi cui è difficile credere se non fosse che i corpi della famiglia reale, dopo la mattanza, furono depezzati e bruciati, perciò effettivamente non ritrovati – i primi resti saranno rinvenuti solo nel 1991, ma ci arriveremo.

Quella giovane è davvero la figlia di Nicola II e della zarina Alessandra? La notizia fa il giro del continente, in parte suffragata da varie voci, diffuse già dopo l’eccidio del 17 luglio 1918, riguardanti il fatto che alcuni figli del sovrano sopravvissero all’uccisione.

Le indagini su Anna Anderson

Intanto iniziano gli interrogatori per la ragazza che, non potendo assumere il nome di Anastasia, decide di farsi chiamare prima Anna Čajkovskij e poi Anna Anderson, come verrà ricordata.

La Anderson risponde ad alcune domande sui Romanov con sorprendente cognizione, come se avesse vissuto veramente quegli episodi, ad altre invece manifesta un vuoto totale. L’incoerenza delle sue risposte è amplificata dal fatto che non conosce la lingua russa, una prova di fatto schiacciante sulla falsità delle sue affermazioni, ma che i medici spiegano con qualche cervellotica rimozione a causa dello choc subito. D’altronde anche dal confronto con la principessa Irene d’Assia, sorella dell’ultima zarina, e con altri parenti dei Romanov non giungono pareri positivi.

Nel 1927, finalmente, giunge chiarezza sul caso: la sedicente granduchessa Anastasia non è affatto chi sostiene e magari crede veramente di essere, ma è una malata mentale di origini polacche fuggita dal centro di igiene mentale in cui era ospitata. Il suo vero nome è Franziska Schanzkowski, nata nel 1896 a Borowy Las, un villaggio della Polonia settentrionale, all’epoca Regno di Prussia.

Che la donna sia soltanto una impostora adesso è chiaro – e lo confermeranno anche i tribunali –, ma la sua fama oramai è universalmente consolidata.

Uscita dalla clinica, Anna Anderson cercherà riparo dai giornalisti volando negli Stati Uniti dove convolerà a nozze nel 1968 con lo storico John Eacott Manahan. L’uomo, di 20 anni più giovane, la descriverà sempre come una granduchessa “in attesa”.

Anna Anderson, la falsa principessa Anastasia

L’epilogo

Quando, susseguentemente al collasso dell’Unione Sovietica, partiranno le ricerche dei resti dei Romanov (che nel 2007 metteranno la parola fine a ogni dubbio con il ritrovamento anche degli ultimi corpi), Anna Anderson era già morta. Aveva esalato l’ultimo respiro nel il 12 febbraio 1984 a Charlottesville, Virginia. Aveva 87 anni e nel cuore ancora la certezza di essere la principessa Anastasia. Cremata, le sue ceneri riposano nel cimitero dell’abbazia di Seeon in Germania.

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