“Alla stazione in una mattina d’autunno” è una lirica composta da Giosuè Carducci nel 1876. In quest’opera, l’autore intende evocare il dolore provocato dalla partenza della donna amata, Lidia. Quest’ultima è accompagnata dal poeta alla stazione in una mattina autunnale piovosa. Gli elementi circostanti contribuiscono ad evidenziare il sentimento doloroso del distacco, come ad esempio: il clima angusto, gli individui anonimi, i suoni meccanici che popolano il luogo e l’illuminazione fioca fornita dai lampioni. La donna, una volta scomparsa nelle tenebre, si porta via tutti i ricordi d’amore e di gioia trascorsi con l’autore. A questo punto, il poeta percepisce una sensazione di smarrimento e di annientamento. “Alla stazione in una mattina d’autunno” è caratterizzato da elementi che sconvolgono il panorama tradizionale della poesia italiana. Tra questi elementi vi è, senza dubbio, la stazione che costituisce un luogo per niente impiegato nelle liriche italiane. Anche la descrizione di particolari quotidiani costituisce uno stravolgimento delle tecniche tradizionali. Il poeta è stato definito “verista” poichè, all’interno dell’opera, vi sono descrizioni di suoni quotidiani come: il rumore fastidioso della locomotiva, la pioggia che batte sopra la tettoia della stazione, il suono della macchinetta del controllore e così via. In realtà, Carducci definisce tali artifici una reazione alla poesia tardoromantica. A dire il vero però questi elementi approfondiscono la conoscenza della psicologia del poeta. Un critico, Cesare De Lollis, ha notato nella scena del treno che porta via per sempre con sè Lidia un collegamento con il mito di Plutone il quale rapisce Proserpina. Lidia, in effetti, incarna la primavera, al contrario del treno che incarna la morte.