“Alla sera” è un sonetto di Ugo Foscolo composto, rispettivamente, tra il 1802 e il 1803. In quest’opera, l’autore si trova in perfetta armonia con la sera che sta per sopraggiungere. Lo schema metrico del sonetto è il seguente: ABAB ABAB CDC DCD. L’io lirico del poeta e lo scenario del sonetto illustano uno dei rari momenti di pace che è possibile osservare nell’intera poesia foscoliana. Questa pace, però, è provvisoria, ma è l’unica a cui può fare riscontro l’anima inquieta del poeta. La sera viene vista come l’unico momento sereno della giornata in grado di spazzare via, temporaneamente, i dolori dell’io. Quindi, essa non appare più dannosa come la tradizione la vedeva, ma adesso la sera diventa un momento dolce e confortante. La sera è personificata, rivestendo il ruolo di una dea gentila che, con i suoi venti e le sue nuvole, costituisce un richiamo neoclassico, al contrario del tono del sonetto che è preromantico. E’ possibile notare una differenza tra i poeti notturni inglesi e i cantori cimiteriali e tra Foscolo che, in opposizione con l’autore, essi si ispiravano ad atmosfere tenebrose e funeree. La sera dovrebbe essere un momento di meditazione, ma, come si può notare nell’ultimo verso, lo spirito guerriero dell’autore sovrasta questa immagine. L’opera è divisa in due parti, in due quartine e in due terzine: nella prima parte, il ritmo è più armonico, invece, nella seconda parte, il ritmo è più incalzante, parattattico e vi è l’uso degli enjambement. Inoltre, è possibile riscontare la presenza di latinismi come “cure”. Come in ogni opera di Foscolo, anche qui sembra che il discorso sia già iniziato, da come si può notare nell’uso di “forse” che apre il sonetto. Infine, sono presenti anche verbi di movimento nella seconda parte dell’opera, ed essi stanno ad indicare lo spirito ribelle dell’autore.